Quantcast
Channel: abilitazioni – ROARS
Viewing all 52 articles
Browse latest View live

Sul Regolamento per l’Abilitazione Scientifica Nazionale (Bozza ASN/2015) e sui pareri ANVUR e CUN. Parte II

$
0
0

La scrittura della bozza ASN/2015 è abbastanza criptica. Il massimo del burocratese è presente nell’Allegato B nella definizione di qualità elevata di una pubblicazione che abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo. Esiste una moda bibliometrica in cui tutti si improvvisano esperti. Ma la bibliometria è una medicina, con molte controindicazioni, da somministrare con somma attenzione. Ci si riferisce in particolare al primo indicatore: il numero di articoli indicizzati pesati per l’indicatore di impatto della rivista. Qui si mettono insieme, in ogni caso, le pere con le arance: non è possibile pesare un articolo scientifico con un indicatore di impatto della rivista: appartengono a mondi alieni. Inoltre, sarebbe bene lasciare piena libertà alle Commissioni , non ponendo vincoli sul numero dei valori-soglia da superare per il candidato, ma richiedendo solo una motivazione dettagliata nel caso di valori-soglia non soddisfatti. Tra l’altro, in mancanza di una analisi, anche se solo formale o indiretta, dell’apporto individuale nei lavori in collaborazione è ovvio che rimangono aleatori i criteri collegati: numero di articoli scientifici di paternità del candidato (in presenza di autori multipli), il calcolo delle citazioni e dell’indice h dei lavori (in presenza di autori multipli). Questi e altri commenti sono contenuti nella seconda parte dell’analisi, svolta da Paolo Biondi, sul Regolamento per l’Abilitazione Scientifica Nazionale (Bozza ASN/2015) e sui pareri ANVUR e CUN.

Segue dall’articolo precedente (Parte Prima).

  1. PARERE CUN PROT. 17202/2015

4.1 Documento CUN 10429 del 16/6/2015

Ancor prima del Parere prot. 17202 del 2/10/2015, il CUN aveva approvato il documento prot. n. 10429 del 16/6/2015 su Approfondimento della analisi e proposta per la definizione di criteri e parametri per l’Abilitazione Scientifica Nazionale dopo le modifiche introdotte dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90. Tale documento è notevolmente chiaro nella critica ai valori-soglia per gli eventuali indicatori per l’ASN/2015. Viene scritto ripetutamente in tale documento in maniera assai incisiva:

Il giudizio sulla qualificazione scientifica del candidato ai fini del conseguimento dell’ASN è di esclusiva responsabilità della Commissione giudicatrice, che deve operare in completa autonomia… Deve rimanere fermo il principio che è impossibile ridurre la sua valutazione al calcolo di uno o più indicatori: non può pertanto essere aggirata l’espressione di un parere autonomo,responsabile ed esperto da parte della Commissione… Di certo, però, il superamento dei valori di riferimento di pochi indicatori numerici non può in alcun modo descrivere la complessità di una carriera di ricerca e quindi non potrà né dovrà sostituire quel motivato giudizio, prescritto dalla legge, fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso dalla Commissione sulla base di criteri e parametri…

4.2 PARERE CUN PROT. 17202/2015 – Parte Generale

La critica precedente è ripresa nel parere prot. 17202 del 2/10/2015. Tale documento risulta di scrittura complessa e di lettura non agevole e articolato in pareri dopo pareri: prima generale e poi specifici, questi ultimi particolarmente analitici e dettagliati. Il documento CUN risulta nella sostanza sempre propositivo ed innovativo, in particolare all’Allegato D dell’ASN/2015 (indicatori di impatto scientifico per i settori non bibliometrici) con ampia discussione dei limiti delle assunzioni presenti e proposta di un loro ampliamento e superamento. Anche il CUN, tuttavia, non eccepisce sugli articoli che vanno pesati con l’indicatore d’impatto delle riviste… (Allegato C della bozza ASN/2015).

Il CUN trova la bozza di decreto per l’ASN/2015 troppo prescrittiva nelle norme, togliendo spazi di responsabilità e di autonomia alle Commissioni, ma nel contempo non contesta per i valori-soglia l’obiettivo dei escludere dall’esame delle Commissioni i candidati che non raggiungono i livelli basilari di attività e produttività scientifica ma ritiene che in nessun caso il mero raggiungimento dei «valori-soglia» può essere considerato criterio sufficiente per l’attribuzione dell’Abilitazione Scientifica Nazionale. Anzi raccomanda: che nella definizione del «valore-soglia» di cui all’art. 1, co.1, lett. r) dello schema di regolamento il termine «superato» sia sostituito con «raggiunto», quale modifica che garantisce un’applicazione più equa e ragionevole del criterio quando i «valori- soglia» siano espressi da numeri interi e piccoli.

Il CUN fa sue alcune proposte già avanzate dall’ANVUR e ritiene necessario:

-di portare a tre per i candidati (sia per l’ASN che per le Commissioni) gli indicatori di impatto della produzione scientifica e di proporre che i relativi valori-soglia devono essere soddisfatti almeno due su tre per tali candidati;

-di prevedere una maggiore flessibilità per le Commissioni che con giudizio adeguatamente motivato e unanime, possono conferire l’ASN anche a candidati che non superino i valori-soglia degli indicatori previsti. Sull’unanimità nel giudizio delle commissioni, le solite riserve già scritte al paragrafo precedente 3.3 Commenti all’art. 4 comma 4 dell’ANVUR.

4.3 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato C dell’ASN/2015

Particolarmente efficace appare quanto scrive il CUN a proposito del c. 2, lett.a) e b) dell’Allegato C in ASN/2015, in relazione alla scelta di valutare le pubblicazioni dei candidati solo mediante le banche dati Web of Science e Scopus, tale scelta appare eccessivamente limitante… in quanto non adeguatamente rappresentativi (questi eventuali articoli) della pluralità della ricerca.

Il CUN rileva riguardo agli indicatori forniti al c.2 dell’Allegato C, che:

-devono essere prese in considerazione tutte le tipologie di pubblicazione descritte nel bando VQR 2011-2014;

-l’indicatore d’impatto della rivista scientifica non è definito (e va definito con precisione) e se si riferisce all’IF appare troppo distorsivo nella valutazione dei singoli. Il CUN ritiene che sia preferibile ancorarlo a una suddivisione delle sedi di pubblicazione in classi di rilevanza, attribuendo loro pesi diversi e crescenti linearmente. Tale classificazione potrebbe essere effettuata dall’ANVUR, sentite le Comunità Scientifiche di riferimento, anche sulla base di percentili di indicatori bibliometrici ove tale classificazione sia ritenuta adeguata.

-l’indice di Hirsch dovrebbe essere calcolato per le Abilitazioni alla prima fascia su un arco temporale di 15 anni per aumentarne la significatività. In questo modo, si otterrebbe anche di rendere più evidente la congruenza dei parametri dei Candidati alla prima fascia con quelli dei Commissari. Il valore su 10 anni può invece essere mantenuto per le Abilitazioni alla seconda fascia.

che sia introdotto un terzo indicatore d’impatto non strettamente correlato ai due precedenti, quale il numero complessivo di contributi in Rivista e contributi in volume purché indicizzati nelle banche dati internazionali, calcolato lungo tutta la carriera. L’introduzione, infatti, di almeno un indicatore che copra tutta la carriera scientifica consentirebbe, da un lato di meglio valutare la maturità scientifica dei Candidati, dall’altro di tenere conto dell’esperienza degli aspiranti Commissari.

4.4 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato D dell’ASN/2015

Il CUN non ritiene accettabile… (o suscita forti riserve… o appare altrettanto debole e inidonea…) la scelta degli indicatori di impatto non-bibliometrici presenti all’Allegato D c.2, lett. a) e b). Il CUN propone in alternativa:

  1. di riferire gli indicatori di impatto dell’attività scientifica… alle tipologie di pubblicazione provviste di carattere di scientificità così come espresso dalla Comunità Scientifica in esito alla Consultazione Pubblica CUN del 2013 e perciò riconosciute ai fini VQR;
  2. di contenere i possibili effetti distorsivi connessi all’indicatore «numero di articoli su Riviste appartenenti alla fascia A», in ragione della sua acclarata instabilità e dubbia significatività qualitativa, restituendogli quella valenza solo accessoria che esso possedeva nelle precedenti esperienze di ASN;
  3. per le necessità sopra indicate, di introdurre un terzo indicatore comprensivo di tutte le tipologie di pubblicazione provviste di carattere di scientificità come espresso sopra, al punto 1;
  4. di sostituire il riferimento ai «libri dotati di ISBN o ISMN» con la locuzione «monografie scientifiche o prodotti assimilati», come utilizzata nel bando VQR 2011-2014;
  5. di assumere come arco temporale di riferimento per tutti gli indicatori gli ultimi 10 anni… per i candidati alle abilitazioni di seconda fascia e gli ultimi 15 anni per i Candidati alle Abilitazioni di prima fascia…

Il CUN richiede infine che i SSD MAT/04 (Storia e Didattica della Matematica), FIS/08 (Storia e Didattica della Fisica) e MED/02 (Storia della Medicina) siano considerati settori concorsuali non bibliometrici, ed indicati fra le eccezioni, citate al punto 1 dell’Allegato C.

4.5 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato E dell’ASN/2015

Il CUN richiama con riferimento alla valutazione degli aspiranti Commissari, i rilievi e le riserve formulate a proposito delle pubblicazioni considerate agli effetti degli indicatori di impatto identificati agli Allegati C e D e per questo ritiene:

per quanto concerne gli indicatori di attività scientifica degli aspiranti Commissari, che essi debbano soddisfare i medesimi «valori-soglia» riferiti agli stessi intervalli temporali previsti per i Candidati all’Abilitazione per la prima fascia;

che appare, di conseguenza, opportuno introdurre il terzo indicatore, come in precedenza identificato, anche per l’accertamento della loro qualificazione scientifica.

4.6 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato A Punti 2-8

Il CUN solleva dubbi di legittimità sull’art. 4 dello schema di decreto nella parte in cui prevede che la Commissione attribuisca l’Abilitazione esclusivamente ai Candidati che dimostrino il possesso di almeno tre titoli tra quelli elencati nell’Allegato A, ai pt. 2-8. Invero, tali disposizioni, anziché prevedere dei parametri e criteri di valutazione, come prescritto dalla legge e dal regolamento governativo sulle Abilitazioni, configurano i suddetti «titoli» come dei veri e propri requisititali disposizioni potrebbero essere fonte di un considerevole contenzioso se non fossero opportunamente emendati.

Tali dubbi di legittimità non dovrebbero, tuttavia, essere limitati solo al requisito dei tre titoli su otto (Allegato A punti 3-8) che dovrebbero possedere i candidati, ma anche agli stessi requisiti dei valori-soglia degli indicatori, che sembrano anche quest’ultimi non normati dalla legge (240/2010) o dalla normativa.

Si può far riferimento, come scritto anche nelle parti iniziali dell’ASN/2015 o del parere ANVUR e CUN, ad una bozza di DPR approvato in CMM il 6/8/2015 che dovrebbe rappresentare il nuovo Regolamento attuativo dell’art. 16 della legge 240/2010 (Regolamento recante modifiche al DPR 14 settembre 2011, n. 222 concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240). All’Art. 4 (Criteri di valutazione) c. 2. si scrive: Con successivo decreto del Ministro sono stabiliti, sulla base di una proposta dell’ANVUR e sentito il CUN, i valori-soglia degli indicatori che devono essere raggiunti per conseguire l’abilitazione. Ed il termine raggiunti viene utilizzato dal CUN per i valori-soglia e raccomandato (come illustrato in precedenza), invece di superati… Ma nella Relazione illustrativa di tale bozza di DPR (CMM 6/8/2015) si scrive: Il medesimo articolo (sempre il 4) chiarisce anche che i valori-soglia degli indicatori che saranno scelti per valutare i candidati saranno definiti con specifico decreto del Ministro di natura non regolamentare sulla base di una proposta dell’ANVUR e sentito il CUN. Sulla natura non regolamentare del Regolamento (ASN/2015) è meglio rimandare ad un testo specifico per capirci qualcosa : L’espressione “non regolamentare” vuol dire appunto che l’atto non è ufficialmente un regolamento e quindi non è sottoposto alla disciplina prevista dalla legge n. 400/1988 per i regolamenti statali, anche se pubblicato in Gazzetta ufficiale. Si rinvia alla bibliografia la questione se i giudici hanno il potere-dovere di disapplicare o annullare (secondo le loro competenze) un atto che pretende di essere un regolamento e non lo è, o viceversa un atto che pretende di non essere un regolamento ed invece lo è.

Il CUN propone in specifico:

-di conservare ai titoli elencati nei pt. 2-8 dell’Allegato A la valenza di «parametri e criteri di valutazione» anziché elevarli di fatto allo status di requisito rimettendo alla Commissione l’identificazione di altri titoli atti a concorrere alla «definizione del profilo scientifico del candidato».

-di lasciare alla Commissione il compito di ponderare il rilievo da attribuire a ciascun parametro selezionato, con riferimento a ciascun settore concorsuale e, in particolare, a ciascuna fascia.

-con riferimento ai titoli attualmente riportati nell’Allegato A, ai pt.2-8: di sostituire al pt. 6, Allegato A, la qualifica di «internazionali» con «esteri», non ritenendosi si debba dare in alcun modo per assunto che gli Atenei e gli Istituti di ricerca italiani siano, in quanto tali, giudicati privi di una rilevanza internazionale; di specificare al medesimo pt.6, Allegato A, che l’attività di insegnamento debba comunque risultare collegata all’attività di ricerca; di integrare tutti i titoli e in particolare quelli indicati al pt. 8, Allegato A, con la condizione che essi siano comunque espressione dell’attività di ricerca svolta dal Candidato;

-di inserire al pt. 8, Allegato A, l’esplicita menzione, nel novero dei titoli valutabili dalla Commissione, dei prodotti della ricerca, accompagnati da adeguata documentazione scritta, come identificati in esito alla Consultazione pubblica CUN 2013.

4.7 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato B

L’allegato B è indigeribile, in parte, anche al CUN che propone:

-di espungere dall’Allegato B le definizioni di «pubblicazioni di qualità elevata / non elevata» limitandosi ad indicare nel testo del decreto i criteri che la Commissione dovrà utilizzare per tale valutazione;

-che la dimensione internazionale della produzione scientifica, ovvero «internazionalizzazione», sia declinata quale criterio che deve conoscere applicazioni differenti in relazione alle specificità dei settori concorsuali molti dei quali corrispondenti a saperi che, anche «a livello internazionale», sono inevitabilmente correlati a esperienze nazionali.

  1. OSSERVAZIONI FINALI

5.1. Burocratese

La scrittura della bozza ASN/2015 è abbastanza criptica, con un linguaggio non sempre semplice e chiaro: particolarmente fastidiosi per chi legge sono i frequenti rimandi di un articolo ad un altro articolo, che rinvia magari ad un allegato che rinvia ad un ulteriore allegato: ci si trova di fronte alle classiche scatole cinesi. Il massimo del burocratese è presente nell’Allegato B nella definizione di qualità elevata di una pubblicazione che… abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo… (vedi paragrafo 2.7 Allegato B). Il rasoio di Occam può essere invocato anche in questo caso: poche parole e semplici per definire anche i concetti più astrusi, ammesso che siano chiari ed evidenti a chi scrive.

5.2 Abilitazione scientifica ma non didattica

La legge 240/2010 (v. 1.PREMESSA) non prescrive alcuna abilitazione didattica, tuttavia la didattica si richiama in vari punti:

  • all’ art. 18 c.1 lett. d) per la chiamata dei professori sono previsti …la valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica dei candidati in possesso dell’ASN per il Settore Concorsuale (SC) specifico;
  • all’art. 24 (Ricercatori a tempo determinato) al c.5 per la chiamata a Professori Associati di RTD di tipo b (art.24 c.3 lett. b) si prescrive che la valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. Il decreto attuativo di tale comma è il DM 4/08/2011 n. 344 che disciplina la valutazione per la didattica avendo riguardo ai seguenti aspetti:
  1. numero dei moduli/corsi tenuti e continuità della tenuta degli stessi;
  2. esiti della valutazione da parte degli studenti, con gli strumenti predisposti dall’ateneo, dei moduli/corsi tenuti;
  3. partecipazione alle commissioni istituite per gli esami di profitto;
  4. quantità e qualità dell’attività di tipo seminariale, di quella mirata alle esercitazioni e al tutoraggio degli studenti, ivi inclusa quella relativa alla predisposizione delle tesi di laurea, di laurea magistrale e delle tesi di dottorato.

Se si dovesse introdurre anche una adeguata abilitazione didattica, questa potrebbe avvenire nello stesso regolamento ASN/2015 con semplici integrazioni: ad esempio (come semplicissima proposta) prova didattica davanti la commissione con le modalità già prescritte nei passati concorsi per PA ed obbligo della prova solo per candidati privi di esperienza di insegnamento universitario per almeno un anno accademico o in presenza di risultati dei questionari studenteschi non soddisfacenti (ad esempio sotto la media per gli insegnamenti dei CdS interessati con obbligo dei NVI di riferimento di inviare le elaborazioni dei questionari dei singoli insegnamenti per CdS e globalmente per i CdS). In mancanza delle elaborazioni dei questionari dei NVI si procede alla prova didattica.

5.3 Indicatori e valori-soglia per l’abilitazione scientifica

Ci si sofferma in particolare sui seguenti indicatori per i settori bibliometrici come riportati nell’Allegato C come rivisto dall’ANVUR:

  1. Il numero di articoli indicizzati su ISI e Scopus pubblicati nei 10 anni precedenti la data stabilita dal bando candidati, pesati per l’indicatore di impatto della rivista.
  2. Il numero complessivo di citazioni ricevute da tali articoli (nuovo, come proposto dall’ANVUR).
  3. L’indice h riferito alle pubblicazioni degli ultimi 10 anni.

Esiste una moda bibliometrica in cui tutti si improvvisano esperti. Ma la bibliometria è una medicina, con molte controindicazioni, da somministrare con somma attenzione. Ci si riferisce in particolare al primo indicatore: il numero di articoli indicizzati… pesati per l’indicatore di impatto della rivista. Qui si mettono insieme, in ogni caso, le pere con le arance: non è possibile pesare un articolo scientifico con un indicatore di impatto della rivista: appartengono a mondi alieni. Un articolo scientifico ha una qualità di per sé, intrinseca, non in funzione della rivista in cui è pubblicato: non si può confondere un contenitore con il contenuto o valutare un contenitore al posto del contenuto. La letteratura bibliometrica in proposito è chiara, in ultimo DORA (San Francisco Declaration on Research Assessment). A scanso di equivoci si possono fornire alcuni esempi famosi nella storia della scienza, per capire la relazione tra qualità dell’articolo e qualità della Rivista. Ma esempi analoghi potrebbero essere forniti anche nel campo della letteratura e dell’arte.

  1. Il lavoro di Mendel sull’ereditarietà è stato presentato nel 1865 prima in due conferenze alla Società di Storia Naturale di Brno e poi pubblicato nel 1866 negli Atti di tale Società. Rivista oscura, di scarsa diffusione, anche se una leggenda dice che Darwin nella sua biblioteca avesse tale Rivista, ma intonsa… E’ notorio che il lavoro di Mendel fu riscoperto solo ai primi del ‘900. Si può aggiungere che Fisher, il grande statistico, fece un’analisi dettagliata dei dati sperimentali di Mendel e concluse che “erano troppo buoni per essere veri”. E’ nata una controversia di “frode sperimentale” per Mendel scienziato, probabilmente da risolvere a favore di Mendel.
  2. Bose, uno dei fondatori della statistica Bose-Einstein, inviò il suo articolo iniziale ad alcune riviste inglesi ottenendo sempre dei rifiuti, si risolse infine a scrivere direttamente ad Einstein, che tradusse questo articolo personalmente in tedesco e lo inviò con una sua presentazione alla prestigiosa Zeitschrift für Physik che lo pubblicò nel 1924.
  3. L’articolo di Fermi sul decadimento beta (considerato un suo capolavoro) fu inviato a Nature e rifiutato in quanto conteneva troppe speculazioni astratte ed era “troppo lontano dalla realtà fisica”. Fu poi pubblicato in Zeitschrift für Physik nel 1934…
  4. Il 28 giugno 1988 Nature pubblica, pur con un editoriale di critica, un articolo di J. Benveniste, la cui conclusione è che l’acqua potrebbe conservare un ricordo, ovvero una traccia delle sostanze che vi hanno transitato, e poi successivamente la stessa Rivista pubblica un ulteriore articolo di confutazione sperimentale del precedente articolo. Nel 1991 l’autore vince non a caso il premio Ig-Nobel per l’articolo pubblicato da Nature
  5. Le citazioni potrebbero continuare con esempi tratti da un testo recentissimo (E. Bucci, Cattivi scienziati, add Editore 2015, Torino) con i casi, tra tanti altri di J.H. Schön che pubblica 16 articoli nel 2000-2001 su Science e Nature tutti poi ritrattati; il problema è che la competizione… ormai si basa sul numero di articoli scientifici e di citazioni ricevute, come surrogato alla discussione approfondita di ciò che si è scoperto (ibidem, pag. 66).

In tutti questi casi come vanno pesati gli articoli? Come pesare un rifiuto di una Rivista famosa per un articolo (Fermi) che poi diventerà famosissimo? Come valutare una Rivista famosa che alla fine sconfessa un articolo, che vincerà pure il premio Ig-Nobel? Un tale articolo si merita un peso per l’indicatore di impatto della rivista? La risposta appropriata è che non esiste alcuna relazione tra qualità dell’articolo e “impatto” bibliometrico della Rivista.

Siamo alla illogicità manifesta quando si pesano gli articoli per l’indicatore di impatto della rivista: gli articoli e le Riviste sono due mondi bibliometrici alieni e vanno valutati ognuno con appropriati indici bibliometrici, che non possono essere mescolati, come afferma anche la letteratura disponibile in merito, per tutti DORA (San Francisco Declaration on Research Assessment).

Lo stesso indice di Hirsch non è detto che sia il più appropriato od il solo appropriato… basta consultare la letteratura bibliometrica in proposito, per tutti De Bellis N. (2014): Introduzione alla bibliometria: dalla teoria alla pratica, Roma, AIB, paragrafo 3.5. Particolarmente interessante risulta la discussione al paragrafo 3.5.2 del libro precedente sugli articoli altamente citati e l’applicazione riferita al premio Nobel P.W. Higgs.

Inoltre, a titolo residuale ed eventuale, non si specifica in questo Allegato C:

  • che cosa è il valore-soglia per ogni settore concorsuale: media aritmetica, mediana, 95-mo percentile della distribuzione…?
  • i valori eventuali dei pesi da impiegare per calcolare il numero degli articoli pesato per l’indicatore di impatto della rivista scientifica
  • gli eventuali indicatori di impatto della rivista scientifica da impiegare per pesare il numero degli articoli: quartili o che?
  • gli articoli indicizzati Scopus o Web of Science possono ricoprire solo una parte marginale dei lavori di un candidato (anche come qualità intrinseca) ed ha scarso senso una tale limitazione.

Occorre, infine, che il valore più favorevole al candidato tra gli indicatori ottenuti dalle banche dati Web of Science o Scopus si riferisca a tutti gli indicatori presenti (se del caso anche quello proposto dell’ANVUR) e non solo ad uno, come scritto al c.3 lettera c) dello stesso Allegato C.

5.4 Refusi all’articolo 7

Come scritto in precedenza nell’articolo 7 ci sono di sicuro due refusi che andrebbero eliminati:

  1. al c.1 si cita l’articolo 6 commi 3, 4 e 5 del Regolamento, ma l’articolo 6 ha solo due commi c.1 e c.2
  2. al c. 6 si scrive …la lista prevista dall’articolo 6, comma 2, del Regolamento… ma tale 2 all’articolo 6 non prevede alcuna lista di professori ordinari, ma riguarda tutt’altro.

5.5 Rigidità vs Flessibilità per le Commissioni

La Bozza ASN/2015, come già sottolineato dall’ANVUR e dallo stesso CUN, appare troppo rigida verso le Commissioni. Se il problema centrale è valutare la maturità scientifica e didattica dei candidati, la prima sulla base soprattutto delle pubblicazioni scientifiche, occorre lasciare libere le commissioni, già di per sé duramente selezionale, di lavorare serene, secondo scienza e coscienza: gli indicatori bibliometrici possono essere solo un ausilio importante se correttamente impiegati, altrimenti solo fonte di confusione ed errore.

I vincoli presenti all’articolo 4 c.4, poi all’Allegato C e D, ai c.3 lettera b) (già semplificati dall’ANVUR e dal CUN con i valori-soglia che devono essere posseduti dai candidati in numero di 2 su 3), andrebbero del tutto aboliti e lasciati a discrezione delle Commissioni. Già l’ANVUR ed il CUN propongono, in più, che il candidato non debba superare tutti gli indicatori di impatto previsti (allegato A punto 1), ma sia lasciato alle Commissioni una valutazione in proposito, in presenza di titoli scientifici tali da meritare una valutazione positiva. In questo caso dovrebbe essere richiesto un voto unanime dei commissari, con motivazione dettagliata per l’eccezione. Come già scritto, la soluzione a maggioranza è nettamente migliore in questo caso, anche per non lasciare le commissioni ostaggio di un singolo commissario.

Ma la proposta va ampliata al massimo, lasciando alle Commissioni piena libertà in proposito, non ponendo vincoli sul numero dei valori-soglia da superare per il candidato, ma richiedendo solo una motivazione dettagliata nel caso di valori-soglia non soddisfatti. In tale caso i valori-soglia non sono più alcuna soglia o requisiti vincolanti, ma solo indicatori numerici da prendere in considerazioni nel quadro più ampio della valutazione della piena maturità scientifica del candidato.

Si ricorda che nella passata ASN/2012 alcune Commissioni si erano avvalse della facoltà di ammettere candidati che non soddisfacevano i requisiti delle mediane, mentre altre si erano comportate diversamente in maniera estremamente rigida. Non sono accettabili comportamenti diversi in proposito, per Commissioni diverse. Le Commissioni devono agire in maniera uniforme e senza vincoli artificiosi superabili o meno a discrezione delle Commissioni medesime: meglio abolire totalmente qualsiasi vincolo in proposito.

La normativa, tra l’altro, appare non vincolante (v. paragrafo 4.6 PARERI CUN SPECIFICI – Allegato A Punti 2-8). Inoltre la legge 240/2010 all’art. 16 c.2 scrive I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:

  1. a) l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro.

Non prescrive la legge che i criteri e parametri abbiano una funzione di sbarramento o di soglia o dentro o fuori, bensì che le procedure di abilitazione avvengano con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte.

Il problema che andrebbe affrontato è proprio quello della sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte.

5.6 Problema degli autori multipli

Il problema del contributo individuale del candidato ai lavori in collaborazione non solo è esplicitato dalla legge 240/2010 per tutte le attività di ricerca e sviluppo svolte nell’art. 16 c.3 lett. a), ma anche richiamato espressamente dall’ASN/2015 all’Articolo 4 c.1 lett. b): La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 6, secondo i seguenti criteri…b) apporto individuale nei lavori in collaborazione.

Come affrontare tale problema? Il numero degli autori di un articolo scientifico va crescendo in quasi tutti i settori in questi ultimi decenni. In una lista di autori assai numerosa, come è possibile capire chi ha fatto: cosa, come e quando? La paternità onoraria, soprattutto per ricercatori anziani o ordinari anziani o responsabili di laboratorio o responsabile del progetto di ricerca, è una pratica assai diffusa, un po’ meno quella di non elencare un autore, per molteplici motivi, che pur ha contribuito al lavoro.

Il problema è assai delicato ed importante, soprattutto quando si vogliono stabilire dei valori-soglia che comprendono il numero di lavori a più nomi, l’indice h per un autore di articoli a più nomi (come ripartire le citazioni tra gli autori?) o il numero di citazioni complessivi di articoli a più nomi (come ripartire le citazioni tra gli autori?).

E’ ovvio che un autore che lavora in un gruppo numeroso, ricco e agguerrito, su temi di ricerca alla moda (in senso positivo come tematiche importanti) ha più possibilità di pubblicare molto e bene, anche se il suo contributo può essere marginale, per motivi diversi, in molti dei lavori pubblicati anche a suo nome. D’altre parte, giovani ricercatori che lavorano, a parità di settore di ricerca, in gruppi limitati in numero e finanziamenti anche perché su temi non particolarmente frequentati o di nicchia, ha meno possibilità di pubblicare con frequenza o continuità.

Sono tutti aspetti che il legislatore deve meditare con attenzione, non solo per decretare in giustizia, ma anche per la possibilità di inviare messaggi sbagliati, che possono avere effetti perversi sul comportamento delle comunità scientifiche dell’Università: spostamento su tematiche facili, di rapida acquisizione dei dati e di stampa dei lavori, su pratiche furbesche di citazioni tra gruppi sodali: citare per citare, per non soccombere. E’ la nascita di una mala-scienza che va combattuta in prevenzione e non quando è già esplosa e radicata.

Il criterio presente all’Articolo 4, c.1 lettera b) della bozza ASN/2015: l’apporto individuale nei lavori in collaborazione, dovrebbe essere normato con specifiche apposite. Per esempio, con una norma che stabilisce che per tutte le pubblicazioni o lavori sottoposti al giudizio della Commissione (nei numeri massimi stabiliti) deve essere inserita, una dichiarazione, per ogni articolo e per tutti gli autori, in cui vengono ripartite le quote di lavoro assolte da ciascuno e la descrizione del singolo lavoro svolto. Nel caso che tale dichiarazione non sia presente la Commissione procede ripartendo in parti uguali la paternità del lavoro.

Dovrebbe essere altresì documentato dall’ANVUR per i periodi temporali previsti dall’ASN/2015 per il calcolo degli indicatori (come proposti dall’ANVUR) e se fattibile per l’adeguatezza delle banche dati:

  • il numero medio (?) degli autori presenti per i lavori scientifici sottoposti dai candidati per l’abilitazione
  • il numero medio (?) degli autori dei lavori scientifici presenti nelle banche dati stabilite, per i diversi SC o SSD
  • il numero medio (?) degli autori dei lavori scientifici dei candidati nelle banche dati stabilite.

In mancanza di una analisi, anche se solo formale o indiretta, dell’apporto individuale nei lavori in collaborazione è ovvio che rimangono aleatori i criteri collegati: numero di articoli scientifici di paternità del candidato (in presenza di autori multipli), il calcolo delle citazioni e dell’h-indice dei lavori (in presenza di autori multipli).

Anche per questi motivi, la soluzione più saggia è non fare affidamento su valori-soglia bibliometrici, e lasciare ampia libertà alle commissioni senza vincoli rigidi, di dubbia efficacia e consistenza.

  1. CONCLUSIONI

La bozza di regolamento ASN/2015, come rivista dall’ANVUR e dal CUN, è sicuramente migliore del precedente DM 76/2012, ma può essere migliorata ulteriormente:

  1. nello stabilire un’abilitazione non solo scientifica, ma anche didattica (l’Università non può essere solo un Ente di Ricerca con personale di ricerca abilitato)
  1. nel rendere flessibile la procedura delle abilitazioni, non vincolando in alcun modo le Commissioni, che devono avere come riferimento degli indicatori bibliometrici, e non valori-soglia, escludibili o meno con delibere motivate e all’unanimità; più saggio eliminare i valori-soglia a favore solo di valori-di-riferimento per la valutazione dei candidati che vanno giudicati per la piena maturità scientifica, non attestata o escludibile per qualsiasi valore-soglia scelto
  1. in un saggio uso degli indicatori bibliometrici, dopo la sperimentazione della ASN/2012, considerate le limitazioni delle banche dati, degli indicatori bibliometrici e dei problemi non risolti: come il problema della paternità in pubblicazioni a più nomi
  1. in un saggio uso degli indicatori bibliometrici come acclarato in letteratura: gli indicatori bibliometrici delle Riviste non possono essere in alcun modo utilizzati per le pubblicazioni, la qualità di un contenitore è diversa dalla qualità del contenuto
  1. in una procedura efficace per valutare l’apporto individuale del candidato nei lavori in collaborazione, anche mediante la richiesta di una autocertificazione per tutti gli autori coinvolti
  1. in una saggezza di fondo del Regolamento che può indirizzare, per il futuro, verso comportamenti virtuosi o sbagliati, i giovani e meno giovani che aspirano a crescere nei ruoli dell’Università.

Il TAR Lazio cassa il regolamento ASN nella parte in cui richiede la maggioranza qualificata dei 4/5

$
0
0

Con sentenza del 3 novembre 2015, la Sezione terza bis del TAR Lazio ha ritenuto illegittima la previsione – contenuta nel DPR 222/2011 – che richiedeva per l’abilitazione di un candidato la maggioranza qualificata dei 4/5 dei commissari, ritenendo sufficiente la maggioranza semplice.

Come afferma il Giudice, risulta infatti, all’evidenza, impossibile pervenire ad un congruo e motivato giudizio negativo per una Commissione a maggioranza convinta del contrario.

Segue il testo.

12407/2015 REG.PROV.COLL.

04972/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4972 del 2015, proposto da:
Marcello Daniele, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberta M. Avola Faraci e Guerino Fares, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Bisagno, 14;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del giudizio negativo collegiale espresso dalla Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima fascia, settore concorsuale 12/G2 – diritto processuale penale, con riguardo alla domanda presentata dal ricorrente per ottenere l’abilitazione alla I fascia di docenza;

del D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, che regola la procedura di abilitazione scientifica nazionale, a norma dell’art. 16 della legge n. 240/2010, nella parte in cui (art. 8, comma 5) prevede che la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei suoi componenti;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 2866 del 3 luglio 2015, di accoglimento della proposta domanda cautelare, mediante fissazione a breve dell’udienza di trattazione del merito del ricorso, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 il dott. Giuseppe Caruso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con atto notificato il 2 aprile 2015 e depositato il 17 aprile 2015 il prof. Daniele – docente associato di diritto processuale penale presso l’Università di Padova – impugna il giudizio negativo espresso dalla Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, settore concorsuale 12/G2 – diritto processuale penale, con riguardo alla sua domanda di abilitazione alla I fascia di docenza. Impugna altresì il presupposto D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, che regola la procedura di abilitazione scientifica nazionale, a norma dell’art. 16 della legge n. 240/2010, nella parte in cui (art. 8, comma 5) prevede che la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei suoi componenti.

Il ricorrente fa presente che la decisione negativa assunta nei suoi riguardi discende dal voto sfavorevole di solo due dei 5 commissari, essendosi invece gli altri tre espressi per il conferimento dell’abilitazione in questione, sicché in definitiva essa è negativa solo in quanto l’art. 8, comma 5, del D.P.R. n. 222/2011 dispone che “la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti”.

Deduce il seguente, articolato, motivo unico:

Violazione dell’art. 16 della legge n. 240/2010, in relazione all’art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988.

La previsione di una maggioranza dei quattro quinti dei commissari per il conferimento dell’abilitazione non avrebbe alcun riscontro nella legge n. 240/2010, che pure detta i puntuali criteri ai quali il regolamento cui vengono demandate le modalità di espletamento delle procedure abilitative deve conformarsi. In questi ultimi, infatti (v. comma 3, lett. a), dell’art. 16 della legge n. 240/2010), il legislatore si limita a prevedere che l’attribuzione dell’abilitazione avvenga “con motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte”, senza fare cenno a maggioranze “qualificate”. Anzi, la previsione di queste ultime sarebbe in contrasto con la necessità – espressamente ribadita dal legislatore – che il giudizio collegiale sia “motivato”, giacché esso – quando, come avviene nella fattispecie, i voti negativi sono solo due su cinque – rifletterebbe incongruamente l’opinione della minoranza della Commissione.

Con successive memorie, il ricorrente ha ribadito ed ampliato le sue argomentazioni – sottolineando sia l’assenza di precedenti in materia di maggioranze qualificate per i concorsi universitari, sia la manifesta illogicità del giudizio collegiale reso nei suoi riguardi – e concludendo per l’accoglimento del gravame.

Per l’amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato ed ha sostenuto la piena legittimità dei provvedimenti impugnati, chiedendo la reiezione del ricorso.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza dell’8 ottobre 2015.

Il ricorso è fondato.

Come correttamente rilevato dal ricorrente con l’unico motivo di censura dedotto, la legge n. 240/2010 (art. 16, comma 2) ha demandato ad un regolamento c.d. di delegificazione (art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988) la disciplina delle “modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione”, dettando i dettagliati criteri ai quali esso deve attenersi (art. 16, cit., comma 3).

Detti criteri prevedono (art. 16, cit., comma 3, lett. a), “l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche”, senza fare cenno alcuno alla necessità di speciali maggioranze per le deliberazioni assunte al riguardo dalle Commissioni competenti.

Il regolamento emanato in esecuzione delle predetta disposizione di legge (D.P.R. n. 222/2011) ha invece ritenuto di introdurre, per le deliberazioni delle Commissioni, la previsione di una maggioranza qualificata dei quattro quinti dei commissari (art. 8, comma 5).

Siffatta previsione regolamentare, assolutamente innovativa rispetto a tutta la pregressa legislazione in materia di concorsi universitari, risulta in contrasto con quelle di legge sotto due profili:

– in primo luogo, in quanto un’innovazione tanto significativa e contrastante con le regole generali di funzionamento degli organi collegiali avrebbe dovuto essere esplicitamente indicata dal legislatore nei dettagliatissimi criteri che esso ha fornito per l’adozione del regolamento disciplinante la procedura abilitativa;

– in secondo luogo e comunque, perché la previsione di maggioranze qualificate risulta incompatibile con quella – specificamente inserita dal legislatore tra i criteri direttivi per l’adozione del regolamento (art. 16, comma 3, lett. a), della legge n. 240/2010) – secondo cui la Commissione deve in ogni caso (cioè: sia se il giudizio è positivo, sia se è negativo) rendere un “motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche”. Risulta infatti, all’evidenza, impossibile pervenire ad un congruo e motivato giudizio negativo per una Commissione a maggioranza convinta del contrario.

Per le considerazioni fin qui svolte, deve ritenersi illegittimo l’art. 8, comma 5, del D.P.R. n. 222/2011, secondo il quale la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti, anziché a maggioranza dei componenti, come del resto previsto dalla previgente normativa (v., da ultimo, art. 9, comma 9, del D.Lg.vo n. 164/2006).

Dall’illegittimità della regola di computo della maggioranza discende quella del giudizio negativo reso nella fattispecie dalla Commissione. A favore dell’abilitazione del ricorrente, invero, hanno votato la maggioranza dei commissari (tre su cinque), sicché il giudizio reso collegialmente non può che considerarsi favorevole, con conseguente conseguimento dell’abilitazione a professore di prima fascia da parte dell’interessato.

In definitiva, il ricorso in esame va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il MIUR al pagamento delle spese di causa a favore del ricorrente, liquidate in € 1.500,00 oltre rimborso del contributo unificato ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente, Estensore

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

 

 

 

 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Milleproroghe: novità su RTDb e ASN

$
0
0

L’articolo 1 commi 10.6-10.8 del consueto provvedimento milleproroghe recita quanto segue:

10-sexies. Ai fini della procedura di chiamata di cui all’articolo 24, comma 5, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il termine per l’emanazione dei decreti previsti dall’articolo 16, comma 2 e comma 3, lettera a), della medesima legge, come modificato dall’articolo 14 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, è prorogato al 31 dicembre 2016. 10-septies. All’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, le parole: “non rinnovabili” sono sostituite dalle seguenti: “rinnovabili non oltre il 31 dicembre 2016”. 10-octies. Le università sono autorizzate a prorogare fino al 31 dicembre 2016, con risorse a carico del proprio bilancio e previo parere favorevole del dipartimento di afferenza, i contratti di ricercatori a tempo determinato, della tipologia di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in scadenza prima della medesima data, i cui titolari non hanno partecipato all’abilitazione scientifica nazionale delle tornate 2012 o 2013. Ai fini dell’ammissione alle procedure di selezione dei titolari dei contratti della medesima tipologia, gli assegni di ricerca, di cui all’articolo 22 della citata legge n. 240 del 2010, sono equipollenti a quelli erogati ai sensi della previgente disciplina di cui all’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ».

Ciò significa che:

  1. il termine per l’emanazione dei decreti che regoleranno la nuova ASN è spostato al 31.12.2016. Si ricordi che la terza tornata di abilitazioni avrebbe dovuto essere indetta entro la fine del mese di febbraio del 2015.
  2. i contratti di ricercatore a tempo determinato di tipo B sottoscritti da soggetti che non hanno sostenuto le scorse tornate abilitative e che scadono prima della fine del 2016 sono prorogabili fino a fine anno.
  3. gli assegni post-legge 240/2010 sono equiparati a quelli ante legge 240/2010 al fine del conseguimento di posizioni di ricercatore a tempo determinato di tipo B.

 

Inoltre, l’art. 1 comma 4 bis sposta al 30 aprile 2016 il termine per l’emanazione del DPCM relativo alla programmazione del reclutamento universitario per il triennio 2016-2018.

Approvato il nuovo regolamento ASN dal CdM.

$
0
0

Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il nuovo regolamento ASN che modifica il DPR 222/2011 relativo all’abilitazione scientifica nazionale. Come riferisce il Governo:

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi e del Ministro dell’Istruzione dell’università e della ricerca Stefania Giannini, ha approvato in via definitiva il decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al DPR del 14 settembre 2011, n. 222, concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Fra le novità introdotte, la cosiddetta procedura a “sportello” ovvero un sistema di accertamento della qualificazione scientifica necessaria per accedere alla prima e alla seconda fascia della docenza universitaria che, una volta attivato, non incontra soluzioni di continuità. Inoltre gli aspiranti professori potranno presentare la loro candidatura per abilitarsi all’insegnamento universitario in qualsiasi momento dell’anno e non più solo entro periodi limitati fissati dal MIUR, come accadeva fino ad oggi. La durata dell’abilitazione passa da quattro a sei anni e sono state anche riviste le modalità di sorteggio delle commissioni, per garantire una maggiore rappresentatività dei settori disciplinari.

Segnaliamo il testo entrato in CdM:

decretoasn

 

Parere del Consiglio di Stato sulla bozza del nuovo DM “criteri e parametri” per l’ASN

$
0
0

Segnaliamo ai lettori il parere reso dal Consiglio di Stato sulla bozza del nuovo Decreto Ministeriale “criteri e parametri” relativo all’Abilitazione Scientifica Nazionale. Va in particolare rilevato che il Consiglio di Stato si esprime a favore di soglie rigide quale garanzia di una selezione basata su parametri “oggettivi”, in contrasto con i pareri resi da ANVUR e CUN.

ParereDMcriterieparametri

 

Sul nuovo Regolamento ASN/2016

$
0
0
  1. PREMESSA

Finalmente dopo parecchi anni, è stato partorito il nuovo Regolamento dell’ASN/2016, il relativo DM è stato firmato dal Ministro l’8/6/2016, dopo la bozza circolata nel 2015 e sottoposta ai pareri dell’ANVUR e del CUN. Come ha dichiarato il Ministro “Stiamo lavorando per poter partire con la nuova tornata questa estate… con procedure a sportello – d’ora in poi la domanda si potrà presentare in qualsiasi momento dell’anno – … Questo decreto rappresenta un’altra tappa di avvicinamento per far ripartire le procedure di Abilitazione con regole semplificate e tempi più certi di svolgimento”.

Le dichiarazioni ottimistiche del Ministro hanno retto alla prova dei fatti: le procedure di abilitazione si sono avviate (DD 1531/2016 e 1532/2016) dopo l’emanazione delle famigerate “soglie” che hanno innescato tutta una serie di polemiche dal CUN a molte Società Scientifiche, ma con MIUR al solito sordo o sordastro a qualsiasi richiesta di miglioramento o cambiamento. Ma è l’ASN/2016 che va globalmente verificata per quello che realmente è, già ampiamente commentata su ROARS, ma anche alla luce della bozza ASN/2015 e dei successivi pareri ANVUR e CUN per capirne la genesi e l’evoluzione (vedi ancora i due articoli pubblicati da ROARS parte I e parte II). A tale scopo si mettono a confronto la bozza ASN/2015 e il DM ASN/2016 in un file PDF allegato al presente articolo per cercare di capire anche la “logica” messa in campo dal MIUR.

Alcuni punti sono da discutere in quanto appaiono le colonne portanti dell’attuale ASN/2016 o in quanto assenze ingiustificabili in una eventuale abilitazione di docenti universitari:

-problema degli autori multipli e apporto individuale nei lavori in collaborazione (ASN/2016: Art. 4 c.1 lettera b)

-indicatori bibliometrici e non-bibliometrici d’impatto della produzione scientifica dei candidati (allegato C e D) e degli aspiranti commissari (Allegato E)

-elenco dei titoli che i candidati devono possedere (Allegato A): dieci elencati, sei scelti dai Commissari, tre sufficienti per superare la valutazione (Art. 5 c.2 e Art. 6 c. 1 lettera a)

-abilitazione didattica (totalmente ignorata da un abilitazione che si definisce ASN, Abilitazione Scientifica Nazionale); del resto a che serve una abilitazione didattica nazionale ad un Professore di I e II fascia?

 

  1. PROBLEMA DEGLI AUTORI MULTIPLI E APPORTO INDIVIDUALE NEI LAVORI IN COLLABORAZIONE

L’ASN/2016, come la bozza 2015, richiama questo punto fondamentale (Art. 4 c.1 lettera b), ma pur essendo un punto molto delicato, non presta alcuna attenzione ad approfondire o normare tale punto nell’ambito dell’ASN. Eppure la stessa legge Gelmini 240/2010 all’art. 16 c.3 lettera a) scrive che i regolamenti (ASN?) prevedono:

l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro

Sembra abbastanza grave che tutto venga lasciato alle Commissioni che con voglia o contro voglia possono decidere come meglio piace loro.

Eppure il problema sembra non peregrino e si ripropone qui quanto già scritto nel precedente articolo ROARS parte II.

Il numero degli autori di un articolo scientifico va crescendo in quasi tutti i settori in questi ultimi decenni. In una lista di autori assai numerosa, come è possibile capire chi ha fatto: cosa, come e quando? La paternità onoraria, soprattutto per ricercatori anziani o ordinari anziani o responsabili di laboratorio o responsabile del progetto di ricerca, è una pratica assai diffusa, un po’ meno quella di non elencare un autore, per molteplici motivi, che pur ha contribuito al lavoro. Da quest’ultimo punto di vista Authorship in scientific publications, Analysis and recommendations della Swiss Academies of Arts and Sciences (2013) può essere utile per iniziare a chiarire il problema.

Il problema è assai delicato ed importante, soprattutto quando si vogliono stabilire dei valori-soglia che comprendono il numero di lavori a più nomi, l’indice h per un autore di articoli a più nomi (come ripartire le citazioni tra gli autori?) o il numero di citazioni complessivo di articoli a più nomi (come ripartire le citazioni tra gli autori?).

E’ ovvio che un autore che lavora in un gruppo numeroso, ricco e agguerrito, su temi di ricerca alla moda (in senso positivo come tematiche importanti) ha più possibilità di pubblicare molto e bene, anche se il suo contributo può essere marginale, per motivi diversi, in molti dei lavori pubblicati anche a suo nome. D’altre parte, giovani ricercatori che lavorano, a parità di settore di ricerca, in gruppi limitati in numero e finanziamenti anche perché su temi non particolarmente frequentati o di nicchia, ha meno possibilità di pubblicare con frequenza o continuità.

Sono tutti aspetti che il legislatore deve meditare con attenzione, non solo per decretare in giustizia, ma anche per la possibilità di inviare messaggi sbagliati, che possono avere effetti perversi sul comportamento delle comunità scientifiche dell’Università: spostamento su tematiche facili, di rapida acquisizione dei dati e di stampa dei lavori, su pratiche furbesche di citazioni tra gruppi sodali: citare per citare, per non soccombere. E’ la nascita di una mala-scienza che va combattuta in prevenzione e non quando è già esplosa e radicata. Si segnala da parte della redazione ROARS un progetto dell’EC ACUMEN (Academic Careers Understood through Measurement and Norms) che “ha creato criteri e linee guida per buone pratiche di valutazione” che andrebbe analizzato in dettaglio.

Il criterio presente all’Articolo 4, c.1 lettera b) della bozza ASN/2015 (e ora ASN/2016): l’apporto individuale nei lavori in collaborazione, dovrebbe essere normato con specifiche apposite, già richieste in chiaro dalla legge Gelmini 240/2010 all’art. 16 c.3 lettera a). Per esempio, può essere prevista una norma che stabilisce che per tutte le pubblicazioni o lavori sottoposti al giudizio della Commissione (nei numeri massimi stabiliti) deve essere inserita, una dichiarazione, per ogni articolo e per tutti gli autori, in cui vengono ripartite le quote di lavoro assolte da ciascuno e la descrizione del singolo lavoro svolto. Nel caso che tale dichiarazione non sia presente la Commissione procede ripartendo in parti uguali la paternità del lavoro.

Dovrebbe essere altresì documentato dall’ANVUR per i periodi temporali previsti dall’ASN/2015 per il calcolo degli indicatori (come proposti dall’ANVUR) e se fattibile per l’adeguatezza delle banche dati:

  • il numero medio (?) degli autori presenti per i lavori scientifici sottoposti dai candidati per l’abilitazione
  • il numero medio (?) degli autori dei lavori scientifici presenti nelle banche dati stabilite, per i diversi SSD
  • il numero medio (?) degli autori dei lavori scientifici dei candidati nelle banche dati stabilite.

In mancanza di una analisi, anche se solo formale o indiretta, dell’apporto individuale nei lavori in collaborazione è ovvio che rimangono aleatori i criteri collegati: numero di articoli scientifici di paternità del candidato (in presenza di autori multipli), il calcolo delle citazioni e dell’h-indice dei lavori (in presenza di autori multipli).

In mancanza di una soluzione del problema o dell’assoluta ignoranza del problema, siamo nel campo della non scientificità o di una sciatteria di fondo dell’ASN/2016, spesso pignolissima e bizantina, e qui solo superficiale e dilettantesca. In letteratura, del resto, il problema è ben noto ma conoscono la letteratura bibliometrica gli anvuriani e i miuriani? Conviene citare De Bellis (2014) nel paragrafo 3.2 interamente dedicato al problema degli autori multipli, con vari metodi citati per trattare il problema, ma forse la soluzione migliore, come scritto più sopra, è chiedere agli autori una dichiarazione in proposito, ed in sua assenza una ripartizione paritaria del lavoro tra i vari autori operata dalle Commissioni.

 

  1. INDICATORI BIBLIOMETRICI E NON-BIBLIOMETRICI DELL’IMPATTO DELLA PRODUZIONE SCIENTIFICA DEI CANDIDATI (ALLEGATO C E D) E DEGLI ASPIRANTI COMMISSARI (ALLEGATO E)

Occorre sottolineare inizialmente che non è ben chiaro nel DM ASN/2016 che cosa è la “qualità” scientifica richiesta ai candidati alla I e II fascia, l’ANVUR ovviamente discetterà da par suo sul problema. Nell’Art. 3 c.1 si chiede che i candidati abbiano ottenuto “risultati scientifici significativi”. Nel c.2 dello stesso Art. 3 si scrive per i professori di I fascia, però, di “raggiungimento di risultati di rilevante qualità” mentre per quelli di II fascia di “positivo livello della qualità”. Ora “significativi, rilevante qualità e positivo livello della qualità” sono tra loro congruenti o coerenti?

Per fortuna tutto chiarisce (o no?) l’allegato B in cui è sempre presente la frase eccezionale nel suo burocratese: “Si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento a livello anche internazionale”. In cui si ritorna ad un “impatto significativodi una pubblicazione di qualità elevata”: qualità elevata che si sposa con un impatto significativo? Con in più “…o è presumibile che consegua un impatto significativo…”? Il “presumibile” è fondamentale per un ASN: del doman … c’è certezza…? Tra l’altro la frase dell’Allegato B non distingue tra I e II fascia: boh!

L’allegato B era già indigeribile anche al CUN che proponeva:

-di espungere dall’Allegato B le definizioni di «pubblicazioni di qualità elevata / non elevata» limitandosi ad indicare nel testo del decreto i criteri che la Commissione dovrà utilizzare per tale valutazione.

Il CUN è accontentato a metà: via la definizione di pubblicazione di qualità non elevata, ma rimane (errare humanum est, perseverare diabolicum) la definizione di pubblicazione di qualità elevata: l’homo burocraticus è una degenerazione dell’homo sapiens? Tuttavia l’Art. 6 c.1 lettera b) fa piazza pulita di “risultati scientifici significativi” di “rilevante qualità” di “positivo livello della qualità” e sposa “qualità elevata” dell’Allegato B per il conferimento dell’abilitazione sia per i Professori di I e II fascia: ovviamente anche se è “presumibile che consegua” tale qualità elevata… In futuro le Commissioni si dovranno dotare, tramite l’ANVUR che può tutto, di metodi e persone esperte nelle ”previsioni di impatto significativo”: sfere di cristallo e astrologi/maghi/maghe, o programmi di simulazioni di impatto tipo NASA? Chissà se l’asteroide alla fine del cretacico ha avuto un impatto significativo sulla scomparsa dei burocratosauri?

Sia per i settori bibliometrici che per quelli non bibliometrici sono definiti, per i tre “indicatori” previsti, un “valore-soglia” distintamente per i professori di prima e di seconda fascia di ogni settore concorsuale (Allegati C e D commi 3 lettera a); ove necessario e in relazione alle specifiche caratteristiche del settore concorsuale, tale “valore-soglia” può essere differenziato per settore scientifico-disciplinare. Ottengono una valutazione positiva per l’ammissione all’abilitazione i candidati i cui parametri sono almeno pari al “valore-soglia” in almeno due degli indicatori previsti (Allegato C e D, commi 3, lettere a e b). Si recepiscono in proposito i pareri ANVUR e CUN portando a tre tali indicatori, e fissando a due gli indicatori che devono essere almeno pari al “valore-soglia” per l’ammissione alla valutazione del candidato.

3.1 Indicatori per i settori concorsuali bibliometrici

Gli indicatori bibliometrici da utilizzare nelle procedure di abilitazione a professore di prima e seconda fascia sono i seguenti (Allegato C):

  1. a) il numero complessivo di articoli riportati nella domanda e pubblicati su riviste scientifiche contenute nelle banche dati internazionali “Scopus” e “Web of Science”, rispettivamente nei dieci anni (prima fascia) e cinque anni (seconda fascia) precedenti;
  2. b) il numero di citazioni ricevute dalla produzione scientifica contenuta nella domanda, pubblicata e rilevata dalle banche dati internazionali “Scopus” e “Web of Science”, rispettivamente nei quindici anni (prima fascia) e dieci anni (seconda fascia) precedenti;
  3. c) l’indice h di Hirsch, calcolato sulla base delle citazioni rilevate dalle banche dati internazionali “Scopus” e “Web of Science” con riferimento alle pubblicazioni contenute nella domanda e pubblicate, rispettivamente, nei quindici anni (prima fascia) e dieci anni (seconda fascia) precedenti.

Quanto alla lettera a) precedente c’è un grande miglioramento nell’ASN/2016, rispetto all’ASN/2015, in quanto in quest’ultima si leggeva per l’Allegato C c.2 lettera a) “il numero… pesato per l’indicatore di impatto della rivista scientifica”. Beh “IF” della rivista o indici similari sono stati espunti per valutare le pubblicazioni: finalmente non si valuta più un contenuto con il contenitore. Che la sentenza TAR del Lazio (REG. RIC. 05434/2014), che diceva la stessa cosa precedente, abbia fatto breccia nelle mura granitiche di MIUR ed ANVUR? Meglio tardi che mai…

E’ ovvio che è sempre presente il problema degli autori multipli, a cui si aggiunge il problema non secondario delle citazioni. Sono le citazioni un indice attendibile della qualità “elevata” (v. Allegato B) della produzione scientifica? Forse sì, ma occorre domandarsi:

-le autocitazioni vanno considerate o no?

-le citazioni sono manipolabili da gruppi di ricerca ben strutturati a scala nazionale e internazionale?

-come suddividere le citazioni per gli articoli con autori multipli? (v. paragrafo 2.).

Occorre leggersi con attenzione Bucci (2015) per provare un salutare sconcerto: che dire di un ricercatore famoso (in negativo) J.H. Schön. Lo “Scandalo Schön” provocò nella comunità scientifica un dibattito sul grado di responsabilità dei coautori e dei revisori degli articoli scientifici (v. stessa pagina di Wikipedia). Dopo lo scandalo Science ritirò 8 articoli firmati da Schön, Nature altri 7 e Physical Review journals altri 6. Altro caso citato da Bucci (2015) Y. Fujii che ebbe nel 2011 solo tre lavori riconosciuti privi di frode, su 212 lavori esaminati etc. etc. Quante citazioni positive o negative hanno avuto questi articoli ritrattati o “fraudolenti”? Le citazioni (come la bibliometria in generale) appaiono un palliativo o una scorciatoia per non leggere gli articoli e valutarli per quello che sono: chissà quante citazioni ha avuto Mein Kampf? WOS ci dice che dal 1950 ha avuto solo 25 citazioni, mentre la Bible nello stesso periodo 2.901. In WOS per Schön JH risultano: 23 lavori complessivi (2000-2003) e 18 ritrattati (21 secondo Wikipedia citata più sopra); 2.210 citazioni ad oggi; articoli citanti 1.484; citazioni medie per lavoro 96; h-index 19. Però!

Nel WEB è disponibile anche una pagina dei 100 articoli più citati al 2014 sempre secondo WOS: al quinto posto anche una ricercatrice italiana con 60.397 citazioni per un articolo del 1987 a due nomi.

Articoli “manipolati” o addirittura “ritrattati” quanti sono in media? I dati prodotti da Bucci (2015) sono impressionanti: le citazioni sono un indice sicuro di qualità “elevata” delle pubblicazioni? E’ lecito dubitare, come S. Tommaso, che dovrebbe essere assunto a santo tutelare dei ricercatori scientifici. Il detto Publish or perish, forse andrebbe rivisto come Publish cited or perish che fa capire l’enorme pressione a cui è sottoposto un qualsiasi ricercatore per fare carriera o accedere ai fondi pubblici di ricerca e che è un forte stimolo ad aiutarsi in maniera lecita e no, anche con pratiche border line, furbette se non illecite. Sempre più, per legge, si assiste alla proliferazione di Codici Etici e Commissioni Etiche nelle Università Italiane, ma che francamente sono spesso senza lavoro (nullafacenti o pilatesche) soprattutto quando si devono sanzionare Magnifici Rettori inadempienti, e forse conviene citare Swiss Academies of Arts and Sciences (2013): ma le Accademie svizzere nei fatti sono migliori di quelle italiane?

Quello che si può affermare sempre con Bucci (2015) è che: “ormai la competizione si basa sul numero di articoli scientifici e di citazioni ricevute, come surrogato alla discussione approfondita dell’importanza di ciò che si è scoperto”.

Una volta per i candidati era previsto la discussione dei titoli e una lezione su un tema scelto da una terna (estratta tra cinque temi preparati) davanti alle Commissioni. Attualmente sembra che i concorsi sono solo virtuali: virtuale la commissione, virtuali i candidati, e ovviamente virtuale anche il risultato… Chi non ricorda dei vecchi concorsi, prima dell’ASN gelminiana, candidati con scena muta alla discussione dei titoli o conoscenza assai limitata dei lavori presentati ed addirittura scene mute alla lezione didattica o lezione che duravano 15 minuti invece dei canonici 45. Il progresso è sicuramente miglioramento… e sì che l’ANVUR c’è ed il MIUR c’è sempre stato.

Sull’indice di Hirsch, sempre basato sulle citazioni, si può aggiungere che non è l’unico indice per valutare la “qualità” scientifica di un ricercatore: si può leggere in proposito opportunamente il paragrafo 3.5.2. di De Bellis (2014) e il caso del premio Nobel P.W. Higgs, padre del bosone di stesso nome, con poche pubblicazioni ma altamente citate, con indice h basso, ma un indice g decisamente più alto e più significativo.

Verrebbe da chiedersi per l’Einstein del 1905, l’Annus Mirabilis con 6 lavori straordinari, se potesse concorrere all’ASN, sarebbe abilitato o no? Sicuramente no: pochissime o zero le citazioni nel 1905 e i titoli 3 su 6 (6 scelti dalle Commissioni) dei 10 dell’Allegato A, certamente non posseduti da un oscuro impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna. Così va l’ASN/2016… Ci sono però le chiamate per chiara fama del Ministro con l’ultimo straordinario esempio di un ordinario del SSD L-LIN/01 chiamato all’Università per Stranieri di Perugia dal Ministro, sempre dello stesso SSD e sempre della medesima Università. Ma è stato chiamato in “straordinario” un nuovo Einstein o quasi Einstein?

La Bibliometria è una scienza (?!) che va manipolata con cura e da esperti, non certo da dilettanti allo sbaraglio: che prevede delle speciazioni come bibliometria di Stato in varietà miuriana o anvuriana. Il risultato non voluto (o voluto?) può essere la distruzione per decenni dell’Università italiana.

3.2. Indicatori per i settori concorsuali non bibliometrici

L’Allegato D riporta gli indicatori previsti per i settori concorsuali non bibliometrici:

  1. a) il numero di articoli su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN) pubblicati, rispettivamente, nei dieci anni (prima fascia) e cinque anni (seconda fascia) precedenti;
  2. b) il numero di articoli su riviste appartenenti alla classe A pubblicati, rispettivamente, nei quindici anni (prima fascia) e dieci anni (seconda fascia) precedenti;
  3. c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN) e pubblicati, rispettivamente, nei quindici anni (prima fascia) e dieci anni (seconda fascia) precedenti.

Le riviste di fascia A sono una costruzione fantastica se non fantascientifica, dallo stesso sito ANVUR Classificazione delle riviste risulta ad esempio:

Si comunica che in seguito al riesame effettuato a seguito della sentenza TAR Lazio depositata in data 15/02/2013, con Delibera del Consiglio Direttivo n. 43 del 23/04/2013 la “Nuova rivista storica” (ISSN: 0029-6236) viene riconosciuta scientifica per l’insieme dei settori concorsuali di Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche e di Area 14 – Scienze politiche e sociali, ai fini dell’Abilitazione Scientifica Nazionale. Si comunica altresì l’inserimento nella lista delle riviste di classe A per i settori concorsuali 11/A1 – Storia Medievale e 11/A2 – Storia moderna, ai fini dell’Abilitazione Scientifica Nazionale.

Così sulla stessa pagina WEB per altre 4 sentenze TAR o Consiglio di Stato che riguardano altre Riviste: bene, che dire? Non vengono parole opportune per stigmatizzare tanto sfracello. MIUR, ANVUR non sanno neanche normare tali riviste di classe A, ci vuole l’aiuto del TAR o del Consiglio di Stato? Tutti a casa verrebbe da dire, l’Italia ne ha abbastanza…

Come al solito non è una rivista che fa la qualità di un articolo, ma è l’articolo stesso che fa la propria qualità indipendentemente da dove è pubblicato, anche sugli Annali di Canicattì (con tutto il rispetto per Canicattì). Si possono citare tra i tanti casi ben noti nella storia della scienza:

-Galois che non riesce a pubblicare la sua memoria sulla teoria delle equazioni all’Accademia delle Scienze perché Cauchy, Fourier e Poisson pur interessati (e che nomi!), non hanno tempo di leggerla o di leggerla approfonditamente;

-Bose, uno dei fondatori della statistica Bose-Einstein, inviò il suo articolo iniziale ad alcune riviste inglesi ottenendo sempre dei rifiuti, si risolse infine a scrivere direttamente ad Einstein, che tradusse questo articolo personalmente in tedesco e lo inviò con una sua presentazione alla prestigiosa Zeitschrift für Physik che lo pubblicò nel 1924.

-l’articolo di Fermi sul decadimento beta (considerato un suo capolavoro) fu inviato a Nature e rifiutato in quanto conteneva troppe speculazioni astratte ed era “troppo lontano dalla realtà fisica”. Fu poi pubblicato in Zeitschrift für Physik nel 1934…

Si può citare tra i tanti casi analoghi avvenuti in altri campi: quello di Dino Campana che riesce solo a pubblicare a proprie spese, la raccolta “Canti Orfici” prima consegnata con altro nome e persa dalla redazione della Rivista “Lacerba” e che poi scriveva in proposito: “…Accademia della Crusca. Accademia dei Lincei. Accademia del mantellaccio: sì, voi siete l’accademia del Mantellaccio; con questo nome ora vi dico in confidenza, io vi chiamo se non rispettate di più l’arte. Mandate via quella redazione che a me sembrano tutti cialtroni. Essi sono ignari del «numero che governa i bei pensieri». La vostra speranza sia fondare l’alta coltura (sic) italiana.” E’ solo lo sfogo di un grande poeta?

 

3.3. Indicatori per la valutazione degli aspiranti commissari (Allegato E)

Praticamente si applicano gli stessi indicatori previsti per i candidati per i settori bibliometrici e non, con le stesse condizioni (superamento di almeno due valori-soglia su tre), ma è previsto Allegato E c.3 lettera a): ai sensi dell’articolo 10, comma 4, è definito un “valore-soglia” più selettivo rispetto a quello degli allegati C e D per i candidati alla prima fascia, distintamente per ogni settore concorsuale; ove necessario e in relazione alle specifiche caratteristiche del settore concorsuale, tale “valore-soglia” può essere differenziato per settore scientifico-disciplinare.

Che cosa vuol dire in concreto “un valore soglia più selettivo” non è dato sapere: l’ANVUR tuttavia vigila e pensa a tutto, come sempre e per il meglio… possiamo stare più che tranquilli. La selezione naturale, di tipo darwiniano, è sicuramente più feroce per i selezionatori che per i selezionati… E’ interessante trattare il sistema universitario come un ecosistema, con vari livelli trofici… produttori primari, consumatori primari e secondari… nella piramide alimentare dove sono l’ANVUR ed il MIUR?

 

  1. ELENCO DEI TITOLI CHE I CANDIDATI DEVONO POSSEDERE (ALLEGATO A)

Nell’Allegato A sono elencati i titoli dai commi 2 a 11 richiesti per l’ASN: in tutto dieci titoli, sei poi devono essere scelti dai Commissari, ed il possesso di tre titoli su questi sei, sono sufficienti per essere ammessi alla valutazione dell’abilitazione (Art. 5 c.2 e Art. 6 c. 1 lettera a). Tali titoli non sembrano particolarmente severi, altri potevano essere assunti, o meglio specificati ma nella realtà sembrano numerosi, se non esaustivi. Si poteva fare meglio? Forse sì, ma non sembrano oltremodo pregiudizievoli. Forse tale requisito poteva essere del tutto eliminato, come chiedeva il CUN nel suo parere pubblicato.

Si può aggiungere che nell’ Allegato A tra i titoli da possedere al comma 9 si scrive di “conseguimento di premi e riconoscimenti per l’attività scientifica, inclusa l’affiliazione ad accademie di riconosciuto prestigio nel settore.” Esilaranti sono le lettere scambiate – M. Feynman (a cura di), 2015 – tra R. Feynman e varie autorità della National Academy of Sciences per un decennio (1960-1970) sulla sua tenace volontà di rassegnare le dimissioni da tale prestigiosa Accademia in quanto “Ho scoperto di non avere né il tempo né l’interesse sufficiente per partecipare in maniera attiva” (21/2/1961). Occorre essere dei conformisti per poter partecipare all’ASN, in modo da non essere fonte né di sorprese né di problemi: la vita degli anticonformisti è particolarmente dura. E viene a proposito una citazione dalla famosa campagna Think different della Apple: “The people who are crazy enough to think they can change the world are the ones who do”.

 

  1. ABILITAZIONE DIDATTICA

L’abilitazione didattica è totalmente ignorata da un abilitazione che si definisce ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale); del resto a che serve una abilitazione didattica nazionale ad un Professore di I e II fascia? E’ notorio del resto che ad Einstein non piaceva insegnare e spesso presso varie Università in cui è stato, è esentato dai compiti didattici. Ma l’Università si può permettere docenti che vogliono fare solo ricerca, senza alcun contatto con gli studenti tramite l’insegnamento? E’ impossibile: un bravo docente non si improvvisa e dovrebbe essere valutato per questa sua importante funzione. Se no a che servono tutti i questionari di valutazione della docenza che il MIUR ha reso obbligatori da diversi decenni, e che sono fondamentali per conoscere il parere del’utenza e poter migliorare.

Chi non sa che un corso di insegnamento fatto per la prima volta è molto imperfetto e perfettibile e solo dopo tre o quattro anni di esperienza un tale corso diventa robusto. Come si insegna? Certo il dialogo con gli studenti in aula è fondamentale: insegnare come Pitagora, dietro una tenda, per paura di domande sull’incommensurabilità (numeri irrazionali) non ha senso. Feynman nel suo famosissimo testo di Fisica rielabora delle lezioni tenute al Caltech e la leggenda vuole che inizialmente tali lezioni erano seguite da un pubblico numeroso che riempiva l’aula ed il corridoi di accesso, ma quasi immediatamente il pubblico diminuì ed alla fine era costituito solo da pochi appassionati, per nulla intimoriti dalla “difficoltà” di tali lezioni. Forse la funzione di un Professore all’Università è principalmente insegnare e non fare ricerca: ma questa considerazione può essere duramente contestata. Ma innamorare gli studenti allo studio o saper far parlare la scienza in modo rigoroso ma accattivante è un compito che spesso da le stesse soddisfazioni di una scoperta scientifica o di una ricerca ben condotta.

Non è affatto condivisibile l’approccio del MIUR e dell’ANVUR in cui nell’ASN la didattica sia totalmente ignorata e che senso ha operare un accreditamento dei Corsi di Studio o degli Atenei sulla didattica, se poi i docenti non sono reclutati anche in funzione della qualità della loro didattica? Siamo alle solite stramberie italiane dove la razionalità è bandita e la confusione su scopi ed obiettivi regna sovrana.

Se si dovesse introdurre anche una adeguata abilitazione didattica, questa potrebbe avvenire nello stesso regolamento ASN con semplici integrazioni: ad esempio (come semplicissima proposta) prova didattica davanti la commissione con le modalità già prescritte nei passati concorsi per Professori Associati ed obbligo della prova solo per candidati privi di esperienza di insegnamento universitario per almeno un anno accademico o in presenza di risultati dei questionari studenteschi non soddisfacenti (ad esempio sotto la media per gli insegnamenti dei Corsi di Studio interessati con obbligo dei NVI di riferimento di inviare le elaborazioni dei questionari dei singoli insegnamenti per Corso di Studio e globalmente per i CdS). In mancanza delle elaborazioni dei questionari dei NVI si procede alla prova didattica.

 

  1. COMMENTI SU ROARS AL DM ASN/2016

Sulla pagina ROARS relativa al decreto ASN “Eccolo! Il decreto criteri e parametri in anteprima” pubblicato il 15/6/2016 in pochi giorni sono comparsi 168 commenti (al 23/6/2016), che è interessante discutere. Spesso i commenti sono molto goliardici, da voce popolare disincantata e disillusa, di persone che si ritrovano a far parte di un sistema in cui la logica sembra incomprensibile, del tipo “il sonno della ragione genera mostri”. Tra i commenti goliardici e non, si possono segnalare:

Un commento: …quindi possiamo affermare con serenità e rassegnazione che ai fini della carriera universitaria, attività didattica e dottorato di ricerca non servano ad un bel niente… Salvo sedere nel Collegio docenti (?!?)

Risposta:direi di più…conta solo avere in qualche modo prodotto carta e citazioni, la vera qualità scientifica non conta più niente…peggio di così!

Ulteriore commento: Quale sarà il prossimo requisito proposto dal Ministero: scegliete voi:
1) essere stato il barista del bar di un prestigioso centro di ricerca estero.
2) essere stato l’amante del direttore/direttrice di un prestigioso centro di ricerca estero.
3) essere stato il capo del servizio-portineria di un prestigioso centro di ricerca estero.
Votate!

Commento assai amaro: Quindi, se un ricercatore senza obbligo di insegnamento ha tenuto in piedi un corso di laurea, non è meritevole di abilitazione: questo vale 0, anzi meno, visto che il ricercatore ha buttato nel ces… tino tempo che avrebbe potuto dedicare alla pesca o alla madre malata. Se invece ha fatto parte di un collegio di dottorato o ha scritto recensioni anonime di articoli per conto di una rivista, il ricercatore va abilitato. Come al solito, poi, ci dicono oggi quali regole dovevamo seguire negli scorsi 10-15 anni. Tutto normale, anzi tutto normalizzato.

Altro commento: «credo quia absurdum» diceva un padre della Chiesa. E per credere alla bibliometria di stato, ci vuole una fede non minore. Forse, non basta nemmeno la volontà del singolo, ma è merito di una speciale grazia se qualcuno riesce a sopportare le contraddizioni e le assurdità di questo sistema.

Ulteriore commento: Come ho descritto in un precedente post negli ultimi due anni ho dovuto segnalare a Scopus tutti gli articoli e le citazioni che mancavano al mio profilo e che nella prima tornata della ASN mi avrebbero consentito di ottenere l’abilitazione. A chi avrei dovuto fare causa? All’ANVUR? Al Ministero? A Scopus? Alla commissione? Scrissi anche all’ANVUR segnalando il problema ma non mi hanno mai risposta. Tra l’altro segnalai che molte delle mie citazioni si trovavano all’interno del mio profilo ma figuravano come “Secondary documents results” e quindi non sarebbero state estratte. Solo dopo mia segnalazione, tramite invio dei proceedings, questi articoli sono stati inseriti all’interno di Scopus perchè secondo i loro revisori potevano far parte del database. Ma questo era scontato perché erano proceedings di conferenze già precedentemente presenti all’interno di Scopus. Qualcuno dall’ANVUR dovrebbe dirmi se questa attività di segnalazione fa parte dei doveri di un docente universitario.

Altri commenti si concentrano sugli aspetti formali di interpretazioni delle norme per esempio sugli indicatori in cui si scrive, per esempio Allegato C c.2:

-per lettera a) il numero complessivo di articoli riportati nella domanda e pubblicati su riviste scientifiche rispettivamente nei 10 o 5 anni precedenti (rispettivamente I e II fascia);

-per lettera b) il numero di citazioni ricevute dalla produzione scientifica contenuta nella domanda pubblicata e rilevata da WOS o SCOPUS nei 15 o 10 anni precedenti;

-per lettera c) l’indice h di Hirsch calcolato sulla base delle citazioni rilevate dalle banche dati … con riferimento alle pubblicazioni contenute nella domanda e pubblicate nei15 o 10 anni precedenti.

Il burocratese è assai impenetrabile, tra l’altro si scrive di articoli, produzione scientifica e, per finire, pubblicazioni, senza dare definizioni ben chiare. Conviene aspettare “il modello di domanda allegato al bando candidati” art. 5 c.4, sperando che faccia chiarezza. Sembrerebbe, un super-condizionale è d’obbligo:

-che il primo indicatore è riferito solo agli articoli pubblicati su rivista (elementare, Watson!);

-che il secondo, per le citazioni, è riferito a tutta la produzione scientifica e che le citazioni sono conteggiate solo nei 15 o 10 anni precedenti;

-che il terzo indicatore indice h di Hirsch è riferito alle pubblicazioni (produzione scientifica?) pubblicate nei 15 o 10 anni precedenti.

Che vuol dire poi anni precedenti? Se sono 10 gli anni precedenti e la domanda è inviata nel corso del 2016: si dovrebbe calcolare dal 2006 al 2015 (estremi compresi): non dovrebbe contare (condizionale d’obbligo) l’anno corrente 2016.

Il buon senso del popolo dei commentatori sembra molto maggiore dei burocrati estensori del decreto ASN.

 

  1. CONSIDERAZIONI FINALI

L’abilitazione ASN/2016 prevede tre passaggi operativi per i candidati (art. 6):

-verifica del superamento (maggiore o uguale) degli indicatori Allegato C o D , due su tre, dei valori soglia relativi al SC o SSD;

-verifica del possesso di tre titoli sui sei stabiliti dalla Commissione sui dieci previsti dall’Allegato A c. 2-11;

-valutazione delle pubblicazioni inviate in numero prestabilito dall’Allegato B da giudicare complessivamente di qualità “elevata” secondo la definizione dello stesso Allegato B, con “un impatto significativo nella comunità scientifica”.

Peccato che la richiesta ANVUR di poter superare le precondizioni della valutazione (valori-soglia e i tre titoli) all’unanimità della Commissione in presenza di titoli scientifici tali da meritare una valutazione positiva, non sia stata accolta nell’ASN/2016. Ma sarebbe bastata la maggioranza semplice. In via del tutto teorica i fuori-classe della ricerca possono essere danneggiati dalla ASN/2016, quando gli onesti lavoratori sono tutelati (ovvio si applica per Commissioni, diciamo non distorte, perfette come i gas perfetti).

Dispiace anche che il parere CUN che sollevava dubbi di legittimità sulla richiesta di possesso di almeno tre titoli (attuale Art. 5 c. 1-2) per i candidati, non sia stato accolto. Il CUN in proposito scriveva: configurano i suddetti «titoli» come dei veri e propri requisiti… tali disposizioni potrebbero essere fonte di un considerevole contenzioso se non fossero opportunamente emendate. Pur sembrando tale requisito, nell’elenco dei titoli esplicitati nell’ASN/2016, facilmente superabile probabilmente può essere penalizzante per i fuori-classe, pur tutelando gli onesti lavoratori della ricerca (anche qui ovvio in Commissioni non distorte).

Qual è l’impatto dell’ASN/2016 trattata come pubblicazione scientifica: sicuramente le citazioni sono notevoli in campo nazionale, quasi nulle in quello internazionale, ma appunto le citazioni sono vera gloria? La sostanza inoltre è del tutto negativa: i futuri docenti universitari sono valutati dopo soglie bibliometriche di dubbia validità, ma soprattutto non si sciolgono i nodi degli autori multipli, delle citazioni artefatte e delle autocitazioni e soprattutto la didattica e la qualità della didattica non sono affatto valutate: ma come accredita l’ANVUR i Corsi di Studio e gli Atenei con docenti non abilitati didatticamente o a che servono i questionari studenteschi, voluti dall’ANVUR, prima dal MIUR, se i docenti non sono valutati ex ante? Le normative italiane in proposito sono ridicole se non grottesche.

Quousque tandem abutere, ANVUR-MIUR, patientia nostra?

C’è una canzone composta durante la Resistenza sul Maresciallo d’Italia P. Badoglio, figura leggendaria responsabile di Caporetto e poi di nuovo dell’8 settembre 1943, che va sotto il nome di Badoglieide, non è che qualcuno in gamba può scrivere un ANVURIEIDE o MIURIEIDE? Io sono ANVUR figlio di MIUR può bastare?

Io sono ANVUR, figlio di MIUR! Colui che non era, ma adesso è … e purtroppo sarà. Padre dei mille moduli imperscrutabili, PRIN, Horizon, FIRB, CEPR, CIVR, AVA … e SUARD. Colui che non teme di preferire due sciocchezze a una cosa seria. E una in inglese a due in italiano. Eeeh, grazie a me l’universitaaaa è tutto ciò che vi impedisce di lavorare. VALUTAZIONEEE! E ora tu, mio eletto, ti guadagnerai il pane col fund-raising!» «No! col fund-raising, noo!» «Sìì! E farai la fuga del cervello. E romperai le balle ai popoli del nord!» «No, i popoli del nord, no!» «Sì. E tu pubblicherai con dolore!» …. «E sarai abilitato tra mille travagli! E piangerai e strillerai per rinascere abilitato! Ma rimarrai sempre abilitato! Non sarai mai chiamato!».

 

BIBLIOGRAFIA SOMMARIA

-Bucci E. – Cattivi scienziati. La frode nella ricerca scientifica. Add editore, Torino 2015

-De Bellis N. – Introduzione alla bibliometria: dalla teoria alla pratica. AIB, Roma 2014

-Feynman M. (a cura di) – Deviazioni perfettamente ragionevoli dalle vie battute. Le lettere di R. Feynman. RCS, Milano 2015

-Swiss Academies of Arts and Sciences: Authorship in scientific publications, Analysis and recommendations. Scientific Integrity Committee of the Swiss Academies of Arts and Sciences, Berna 2013

-URL citati, consultati per l’ultima volta il 20 giugno 2016

 

XX ALLEGATO Confronto ASN versioni 2015 e 2016

ASN 2.0: il labirinto della follia

$
0
0

La prima ASN, ossia le prime due tornate di abilitazione sono state per certi versi un disastro: hanno determinato un contenzioso di dimensioni colossali, impegnando il TAR Lazio (Roma) e il Consiglio di Stato con migliaia di procedimenti. Nessuno allo stato, ha osato una stima dei costi complessivi dell’operazione, che includa gli oneri di soccombenza dell’amministrazione nei giudizi innanzi alla magistratura amministrativa (un tentativo che prescinde da questo aspetto si trova qui). Comunque sia, come tutti sanno alla seconda tornata è seguita una lunga pausa motivata dall’esigenza di rivedere le procedure. Vi era dunque la speranza che il decisore politico prendesse atto di quanto accaduto e accedesse a più ragionevoli consigli. Niente di tutto ciò. Alla fine l’ASN 2.0 è arrivata, carica degli stessi difetti di quella che l’aveva preceduta. Anzi, forse peggio. Infatti, i filtri quantitativi non solo sono stati mantenuti, ma irrigiditi, poiché essi sono ora vincolanti anche per i candidati. In più le cosiddette soglie, sostitutive delle mediane, ma alla fine dei percentili stabiliti ad libitum dall’Agenzia che infatti già conosce il numero dei commissari sorteggiabili per ogni S.C. (e dunque immaginiamo, i loro nomi), sono state calcolate in modo opaco ancora una volta, sembra di capire, sulla base dei dati “sporchi” contenuti nel loginmiur: dell’anagrafe della ricerca si sono infatti perse le tracce, così come del tentativo fallimentare di sostituirla con Orcid. Insomma, ancora una volta la procedura appare un gigante dai piedi di argilla, piena di falle (nei prossimi mesi avremo modo di renderne conto) e del tutto discutibile. Nel caldo agostano essa è piombata su di una semi-addormentata accademia italiana, le cui reazioni – per una volta vivaci – sono state bellamente ignorate, così come nel cestino è finito un pur argomentato è ragionevole parere CUN; ai dubbi già sollevati sugli indicatori e altri aspetti della procedura si aggiunge poi la questione degli oneri informativi, già sollevata su queste pagine qui e qui.

Ora però vorremmo cominciare una paziente opera di analisi delle criticità delle procedure abilitative: se non altro per dimostrare che chi le ha disegnate è persona non lungimirante, o per meglio dire non in grado di apprendere dagli eventi passati. Il che è tutto dire. Tralasciamo ora di discutere degli oneri informativi assurdi e di richieste agli aspiranti commissari che cozzano contro principi risalenti alle non proprio recentissime leggi Bassanini. Amen. È nel dettaglio che si annidano le trappole più insidiose.
Sin dalla prima ASN e dalla prima VQR ci si è ficcati in un assurdo labirinto quantitativo costruito su fondamenta instabili. Ci limitiamo in questa sede alle aree c.d. non bibliometriche: l’introduzione di parametri quantitativi di produttività (tralasciamo ora di toccare aspetti degenerativi quali il salami slicing ecc.) non può fare a meno della definizione delle tipologie dei prodotti editoriali. Lasciamo pure stare la vexata quaestio delle riviste di fascia A, sulle quali torneremo prossimamente. Ma che cosa è una monografia? Come la identifico? Andiamo oltre e addentriamoci nel labirinto. Una altra tipologia di prodotto non gradita all’ASN sono le recensioni, un genere letterario peraltro piuttosto glorioso nell’ambito delle scienze umane e non solo. Tuttavia l’impossibilità di distinguere automaticamente fra recensioni critiche e semplici segnalazioni di nessun valore spinse a suo tempo Anvur a cestinare l’intero genere letterario (salvo individuare quale rivista di fascia A un periodico costituito di sole recensioni, la Bryn Mawr Classical Review). In ogni caso non sappiamo se i nostri Guardiani della Rivoluzione allora si resero conto di stare uccidendo un genere letterario tanto nobile quanto antico: forse no, poiché lo resuscitarono, già morto, stabilendo che le recensioni su riviste di fascia A (positive, negative, neutre, stroncatorie, non importa) costituiscono un positivo elemento di valutazione delle monografie. Schizofrenia? No, furberia: uno degli obiettivi dell’agenzia, infatti, e del Presidente Graziosi (già rivoluzionario in Lotta Continua, nonché corrispondente dagli USA per l’omonimo giornale) e prima di lui di Bonaccorsi è da sempre quello di potenziare il sistema delle fasce A come volano di una supposta internazionalizzazione e di immaginari standard qualitativi, costi quel che costi, anche al prezzo di introdurre nel sistema accademico una nuova forma di corruttela morale, che ha al momento il grande vantaggio di sfuggire ai giornalisti in cerca di scandali accademici. Al momento. Tutto ciò in un pacifico, crasso, placido, rilassato disinteresse (non ignoranza, che sarebbe forse meglio) del dibattito internazionale in materia: gli ex rivoluzionari evidentemente faticano a depurarsi da un malinteso leninismo. Si può fare, perché nel frattempo il (Lumpen?)Proletariat fa le anastatiche a tempo pieno, corteggia direttori di riviste di fascia A, è preso a spezzettare studi ripetitivi in tante piccole monografie.
In ogni caso, veniamo al punto. Precisiamo che la questione riguarda esclusivamente l’area 12, ma essa è alquanto significativa per una lettura complessiva del sistema.
Un altro prodotto indigesto all’ASN sono infatti le note a sentenza. Si tratta di scritti tipici dell’area giuridica, dedicati al commento, appunto, di sentenze. È vero che spesso tali scritti sono opera di studiosi alle prime armi ed è pure vero che in molti casi essi hanno scarso valore scientifico. Il caso però, è affine a quello delle recensioni: così come vi possono essere testi banali e di scarso interesse, non mancano note a sentenza assai ricche e concettose che in realtà sono dei veri e propri articoli, talora caratterizzate da un impatto significativo. Le note a sentenza, infatti, sono anche scritti con i quali gli studiosi si confrontano con le ricostruzioni e con le interpretazioni che i giudici, anche delle più alte magistrature, compresa la Corte Costituzionale, danno di molti istituti. Non sono mancate note a sentenza che hanno anche indotto ripensamenti alle stesse magistrature e al legislatore: in ciò talvolta risiede il vero impatto dello studio giuridico o se si vuole una sorta di sua terza missione, molto più di quanto potrebbero mai citazioni amicali e reciproche interne a gruppi. In ogni caso, ancora una volta ci si trova davanti al puzzle di distinguere categorie entro un genere letterario ma senza addentrarsi nella lettura dello scritto: una operazione del tutto impossibile. Ebbene, in prima istanza (ossia nella precedente ASN) le note a sentenza furono cassate al fine del superamento degli indicatori. Nell’ultima VQR quindi reintrodotte, quando equiparabili ad articoli (i.e. a discrezione dei revisori). Da ultimo, nell’ASN 2.0, nuovamente cassate, pare a opera di Cineca. Risulta infatti che la piattaforma attraverso la quale si può presentare domanda al fine di rivestire il ruolo di commissario ASN filtri automaticamente tutti i prodotti censiti come “nota a sentenza”, sulla base di una rigida interpretazione letterale (data da Cineca?) dell’art. 2 d.m. 29 luglio 2016 n. 602, sicché le note a sentenza non sarebbero articoli. A questo punto, ci chiediamo, le cronache di convegno, in assoluto uno dei prodotti più scadenti e scientificamente irrilevanti nelle scienze umane e sociali (si tratta di brevi resoconti di incontri congressuali redatti da giovani studiosi) sono invece considerate “articoli” dai nostri illuminati reggitori, purché tale sia la categoria di appartenenza scelta dall’autore nel guazzabuglio di Loginmiur? Sicché qualche insipida cronacuzza pubblicata su rivista di fascia A consentirà agli amici degli amici di superare le soglie?
Non solo, vorremmo con un esempio che il lettore apprezzasse fino in fondo il livello di degrado morale e scientifico al quale ci stanno conducendo. Immaginiamo il professor Tizio, che essendo un tipo smaliziato ha fiutato l’aria: costui ha classificato le sue note a sentenza come articoli (e magari lo aveva già fatto in occasione di ASN 1.0). I responsabili del suo archivio istituzionale della ricerca non osano contestare la scelta, anche se per via della sbadataggine dell’editor della rivista i pezzi appaiono in una sezione denominata proprio “note a sentenza” (solo questione di tempo ed essa verrà prontamente ridenominata). Il professor Caio invece è un tipo testardamente scrupoloso, sembra uscito da un racconto di Elias Canetti e classifica le sue note come note. Morale Tizio supera le soglie ed è sorteggiabile mentre Caio no, paga lo scotto della sua scrupolosità. Come finisce questa storia? Finisce male per le sorti dell’accademia italiana, trascinata nella fanghiglia di espedienti e mezzucci sotto il pretesto del miglioramento e dell’internazionalizzazione.
Ci auguriamo che il professor Caio, però, perda il suo aplomb e si ricordi che esiste un giudice a Berlino.

Il Coordinamento delle Società Storiche sull’ASN 2.0

$
0
0

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gentile signor Ministro

Gentile signor Direttore generale

 

 

Il Coordinamento delle Società storiche da noi presiedute desidera esprimervi la sua più profonda preoccupazione per la totale disattenzione che, sia sul piano sostanziale sia su quello formale, le osservazioni formulate dal CUN e largamente condivise dai CD e dai membri delle Società da essi rappresentate, hanno ricevuto nel DM 29.7.2016, n. 602, accompagnato dai successivi Decreti direttoriali nn. 1531 e 1532 dello stesso 29.7.2016.  Sul piano sostanziale i rilievi formulati dal CUN recepivano perplessità di merito e individuavano limiti ed errori di fatto che le comunità scientifiche delle nostre Società avevano da tempo messo in rilievo e che rischiavano di compromettere nella sua attendibilità il processo di valutazione. Ma se sulle osservazioni si può certamente ritenere legittimo che il giudizio così dell’ANVUR come del Ministero fossero diversi,  sul piano formale non si può che ribadire il disagio per quel burocratico “sentito il CUN” con il quale si adempiva all’obbligo di legge e che, soprattutto nel momento in cui la distanza dalle sue posizioni era totale, meritava ben altra attenzione.

Il CUN rimane, oggi, l’unico organo di rappresentanza a base elettiva della comunità accademica, così come le Società scientifiche, sia pure nei loro limiti e nelle loro diverse fisionomie, rimangono la principale, se non l’unica forma nella quale le singole comunità scientifiche, si rappresentano ed elaborano le proprie riflessioni collettive. Nella larga maggioranza dei casi – come nelle Società storiche da noi presiedute e qui coordinate – esse superano i confini di una rappresentanza accademica, sia pure nelle sue diverse componenti, per contenere tra i suoi membri studiosi, spesso giovani, ai quali è ancora precluso l’accesso alla carriera accademica e che svolgono, quindi, la loro libera attività di ricerca – non di rado assai rilevante –in difficili condizioni materiali.

E’, dunque, legittimo esprimere da parte nostra allarme per ogni forma di sottovalutazione del ruolo delle comunità scientifiche e dei rischi che si corrono, nel delicato rapporto tra istituzioni di diversa natura e responsabilità, nel momento in cui Ministero o Agenzie ministeriali – come è accaduto in questo caso, per l’avvio delle nuove procedure dell’ASN, come è accaduto in passato per la qualificazione di fascia delle Riviste scientifiche – sembrano non accorgersi della necessità di un confronto e di un riconoscimento delle posizioni ad essi esterne.

Certi della piena comprensione delle ragioni di questa nostra lettera, porgiamo con l’occasione i nostri più cordiali saluti

 

Prof. Fulvio Cammarano, presidente SISSCo, Società Italiana per lo Studio della Storia contemporanea

Prof. Simona Feci, presidente SIS, Società Italiana delle Storiche

Prof. Stefano Gasparri, presidente SISMed, Società Italiana degli Storici Medievisti

Prof. Luigi Mascilli Migliorini, presidente SISEM, Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna

Prof. Leopoldo Nuti, Presidente SISI, Società italiana di storia internazionale

 

 


ASN GO! Ovvero dei Ricercatori e dei Pokémon

$
0
0

I miei figli mi stanno insegnando a giocare a Pokémon GO. Più imparo le regole del gioco e più queste mi sembrano simili a quelle dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), recentemente elaborate dall’ANVUR e prontamente recepite nel decreto MIUR con minime variazioni, nonostante le molte perplessità espresse dalla comunità accademica e dalle associazioni scientifiche.

Le analogie fra Pokémon e Ricercatori sono sorprendenti: a questo ci ha ridotto la tecno-burocrazia che in questi anni si è abbattuta sull’Università italiana, nel silenzio e nell’indifferenza generale.

Per semplicità di esposizione per l’ASN mi sono limitato a trattare solo i cosiddetti settori bibliometrici, per i quali i criteri, le tabelle e le soglie, seppur complicati, sono almeno intelligibili. Mi scuso con i colleghi dei settori non biblometrici ma, purtroppo, per quanti sforzi faccia, i loro criteri sfuggono alla mia capacità di comprensione.

L’analisi comparativa dimostra che anche l’ASN è una specie di grande gioco, con regole complicatissime e continuamente mutevoli, in cui i premi sono maledettamente troppo pochi.

I Pokémon possono evolvere cambiando forma e aumentando la forza e la resistenza. Per la prima generazione (quella di Pokémon GO) gli stati evolutivi sono solo tre (base, primo stadio e secondo stadio), mentre per le generazioni successive è stato aggiunto lo stato pre-evolutivo cosiddetto baby.

I Ricercatori possono evolvere cambiando di ruolo e fascia. Per le vecchie generazioni – come la mia – gli stati evolutivi sono solo tre: ricercatore, professore di seconda fascia e professore di prima fascia. Poi con le riforme degli ultimi anni l’evoluzione è diventata complessa e bizzarra, attraverso l’introduzione di numerosi stati di pre-ruolo: assegnista di ricerca di tipo A o di tipo B, ricercatore a tempo determinato di tipo A o di tipo B, professore di seconda fascia, professore di prima fascia.

Dalla sesta generazione sono state introdotte le Megaevoluzioni che possono interessare i Pokémon in qualunque stato evolutivo.

Dal 2016 nelle Università sono state introdotte le chiamate dirette di super-professori strapagati di eccellenza, con il programma straordinario denominato Cattedre Natta.

Nella catena evolutiva dei Pokémon possono esserci più esemplari del primo o del secondo stadio.

Nell’organico dei Dipartimenti possono esserci più professori di prima e seconda fascia per lo stesso settore scientifico-disciplinare, anche se il Ministero raccomanda di attenersi a una struttura “piramidale” senza alcun apparente logico motivo (chissà poi perché la chiamano piramidale – mi sono sempre chiesto – quale sarebbe la terza dimensione?).

Un Pokémon non può mai regredire trasformandosi nel suo precedente stato evolutivo, né può saltare un gradino della propria catena evolutiva.

Anche un Ricercatore non può mai regredire, ma se è bravo o fortunato può saltare i gradini della progressione di carriera.

I Pokémon possono essere potenziati facendoli combattere nelle palestre, ma anche utilizzando alcune risorse (Polvere di Stella e Caramelle) che possono incrementare le due statistiche fondamentali dei Pokémon: i Punti Lotta (PL) e i Punti Salute (PS).

I ricercatori possono essere potenziati attraverso la partecipazione all’Abilitazione Scientifica Nazionale, oltre che alle procedure valutative e a quelle comparative bandite dai singoli Atenei. E’ un combattimento continuo in cui per essere competitivi è assolutamente necessario incrementare le tre statistiche fondamentali dei Ricercatori: il Numero di Pubblicazioni (NP), il Numero di Citazioni (NC) e l’indice di Hirsch (H-index), calcolate però su due diverse banche dati (SCOPUS e WOS), riferite a differenti intervalli temporali (10 e 15 anni) a seconda della fascia evolutiva, e considerando solo gli articoli riportati nella domanda. Ma questo solo per i settori cosiddetti bibliometrici, altrimenti ci sono altri indicatori e statistiche e tutto diventa ancor più confuso e complicato.

I Punti Lotta (PL) misurano la forza dei Pokémon e la loro capacità di successo nelle lotte nelle palestre. I Punti Salute (PS) misurano invece la capacità dei Pokémon di incassare colpi nella lotta, prima di diventare esausti.

Il Numero di Citazioni (NC), nelle sue diverse varianti e sfumature, vuole essere una misura dell’impatto del lavoro scientifico dei Ricercatori e quindi della competitività e della forza necessarie a superare le numerose selezioni e valutazioni. Il Numero di Pubblicazioni (NP), nelle sue diverse varianti e sfumature, vuole essere una misura della prolificità dei Ricercatori e quindi della loro capacità di lavoro prima di diventare esausti per sfinimento. L’H-index essendo una combinazione di Citazioni e Pubblicazioni è ridondante e perfettamente inutile ma, siccome lo hanno inventato gli Americani, fa figo utilizzarlo per gli scopi più improbabili (anche se in America nessuno lo usa).

Le risorse necessarie per potenziare e far evolvere i Pokémon sono la Polvere di Stella e le Caramelle: più precisamente la prima serve solo al potenziamento, mentre le seconde a entrambi gli scopi.

Le risorse necessarie per potenziare e far evolvere i Ricercatori sono le Pubblicazioni e le Citazioni: più precisamente le prime servono solo al potenziamento, mentre le seconde a entrambi gli scopi (infatti, con tante pubblicazioni poco citate difficilmente si fanno progressioni di carriera).

Mentre la Polvere di Stella si può usare per qualsiasi Pokémon, le Caramelle devono essere esclusive e congruenti per ogni categoria o specie.

Per i Ricercatori le Pubblicazioni devono essere esclusive e congruenti con il settore scientifico-disciplinare, mentre le Citazioni sono computate indifferentemente, qualsiasi sia il settore scientifico-disciplinare di provenienza.

Caramelle e Polvere di Stella si ottengono catturando i Pokémon: ovvero cercandoli, inseguendoli e colpendoli con una palla che si chiama Pokéball. Insomma è semplicissimo.

Pubblicazioni e Citazioni si ottengono studiando, facendo ricerca originale, scrivendo articoli scientifici, inviandoli alle riviste, sottoponendoli a un processo di revisione fra pari, presentando i lavori ai congressi, facendosi conoscere e citare. Insomma è complicatissimo.

Al raggiungimento di valori soglia predeterminati di Caramelle e Polvere di Stella per le diverse categorie/specie, i Pokémon possono evolversi senza ulteriori complicazioni: è una specie di tenure track con regole chiare, fisse e dichiarate in anticipo.

Al raggiungimento di valori soglia predeterminati – ma sempre cangianti – di Pubblicazioni, Citazioni e H-index, per i diversi settori concorsuali o scientifico-disciplinari, i Ricercatori possono partecipare all’Abilitazione Scientifica Nazionale e sono sottoposti a un giudizio di una Commissione. In caso di conseguimento dell’abilitazione devono poi far domanda su un bando di selezione di un Ateneo per il proprio settore scientifico-disciplinare e sottoporsi a un ulteriore giudizio di un’altra Commissione per la procedura di valutazione comparativa, che è ovviamente diversa per ciascun stato evolutivo per cui si ricomincia sempre da capo. Di norma in qualche passaggio della complessa catena evolutiva vengono commessi errori, per cui ci si avvale frequentemente di ricorsi ai Tribunali Amministrativi che, in questo intricato ginepraio, hanno assunto il ruolo di arbitri supremi del destino dei Ricercatori.

Non ci sono apparentemente limiti al numero di Pokémon che un Allenatore/giocatore può catturare, potenziare o far evolvere se ha sufficienti risorse (Pokéball, Polvere di Stella o Caramelle).

Le Università non possono reclutare o far evolvere i loro Ricercatori a piacimento, perché devono rispettare la contabilità dei punti organico e la procedura PROPER di programmazione del personale: un sistema di punteggi complicatissimo, incomprensibile e continuamente mutevole. Pertanto, anche se un Ricercatore ha un numero esorbitante di Pubblicazioni e Citazioni, esso rimarrà sempre allo stadio di base fino a quando l’Ateneo non avrà punti organico a sufficienza per inserire il posto in programmazione.

Ci sono Pokémon che nascono e crescono con l’Allenatore e Pokémon selvatici che devono essere catturati.

Ci sono Ricercatori universitari e Ricercatori degli Enti di Ricerca.

Ci sono uova di Pokémon che possono essere fatte schiudere in appositi Incubatori, facendo un certo numero di chilometri a piedi.

Ci sono giovani ricercatori che possono essere fatti crescere nei laboratori universitari e, in qualche caso, in appositi Incubatori di impresa, facendo un certo numero di corsi di formazione.

Le Pokéball, le uova e molte altre risorse possono essere ottenute presso i Pokéstop, ubicati in corrispondenza di numerosi punti di interesse nel mondo reale, come monumenti o luoghi famosi.

Le risorse per i Ricercatori – come libri, strumenti e laboratori – si ottengono presso le Università, che si dovrebbero trovare in molti luoghi del mondo reale, anche se qualcuno sostiene che ce ne sono troppe, senza alcun logico motivo, visto che ne abbiamo molto meno della media europea in rapporto alla popolazione.

In Pokémon GO, le risorse fondamentali – Caramelle e Polvere di Stella – non si possono assolutamente comprare. E’ invece possibile acquistare molte risorse accessorie (Pokéball, uova, esche, etc.) nel Negozio del gioco (Pokémon Shop) per pochi Euro e con un paio di click.

Anche le Pubblicazioni e le Citazioni dei Ricercatori non possono in nessun modo essere oggetto di mercato: ciò è ritenuto eticamente riprovevole, oltre che essere un grave reato. E’ invece possibile acquistare molte risorse accessorie (libri, strumenti e laboratori) ma solo sul Mercato Unico della Pubblica Amministrazione (MePA/CONSIP) con procedure straordinariamente complesse e burocratiche, spesso a prezzi superiori rispetto al libero mercato.

I Pokémon sono suddivisi in 7 generazioni, 18 tipi e 546 categorie o specie: ci sono quelli d’acqua, quelli di terra, quelli elettrici, quelli di fuoco, quelli di ghiaccio, quelli di roccia e tanti altri. Per il momento nel gioco Pokémon GO sono disponibili solo quelli della prima generazione.

I Ricercatori sono suddivisi in 14 aree, 88 macrosettori, 188 settori concorsuali e 367 settori scientifico-disciplinari. Per il momento nel gioco sono disponibili soltanto i Ricercatori che superano le incomprensibili soglie delle statistiche bibliometriche ANVUR, rigorosamente differenziate per fascia e per settore scientifico-disciplinare.

Il Pokédex è una banca dati creata dal Professor Oak (evidentemente un accademico) che può fornire informazioni agli Allenatori su tutti i Pokémon del mondo catturati o meno.

Il “Sito docente” (loginmiur.cineca.it) permette di accedere alle banche dati create dall’ANVUR e dal CINECA che possono fornire ai Commissari informazioni su tutti i Ricercatori sottoposti a valutazione e selezione.

Tutti i dati e le statistiche sono automaticamente aggiornati sul Pokédex e ai Pokémon non è richiesto alcun adempimento, per cui essi possono concentrarsi sulle cose veramente importanti quali gli allenamenti e il potenziamento.

Le banche dati ANVUR/CINECA sul sito docente del MIUR invece devono essere continuamente aggiornate inserendo manualmente i dati. Anzi, per ogni procedura, il MIUR richiede di re-inserire più volte gli stessi dati che già sono presenti e disponibili, per cui i Ricercatori sono continuamente distolti dai loro compiti istituzionali per inutili e ridondanti adempimenti burocratici.

Nel gioco Pokémon GO il giocatore/Allenatore guadagna Punti Esperienza (PE) con le catture e i combattimenti, può salire così di livello e ottenere risorse e bonus.

Le Università guadagnano punti VQR in base alle prestazioni dei loro ricercatori nel grande gioco dell’ASN, ottenendo in questo modo vantaggi e prebende in fase di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario.

Gli Allenatori possono avere Pokémon preferiti, contrassegnati nel gioco con una stellina, ed hanno libertà di scelta nel selezionare i Pokémon da catturare, da potenziare, da allenare nelle palestre o da mandare in combattimento. “Scelgo te!” è infatti il grido simbolo del protagonista del gioco, tale Ash Ketchum, il cui Pokémon preferito è il celeberrimo Pikachu.

I professori universitari non possono avere ricercatori preferiti – perché ciò sarebbe considerato lesivo della libera competizione – e non hanno pressoché più libertà di scelta nei concorsi di Ricercatore, perché tutto è regolato da statistiche, indici e indicatori. Nelle continue Commissioni di selezione o valutazione il ruolo dei professori ordinari è ridotto a quello di una segreteria contabile.

I Pokémon sono di proprietà della Nintendo e il gioco Pokémon GO è stato sviluppato da Niantic. Entrambe sono multinazionali private, e quindi i Pokémon non sono liberi e non hanno autonomia, però hanno regole scritte, chiare, logiche, uguali per tutti e, soprattutto, stabili nel tempo.

I Ricercatori operano nelle Università che dovrebbero essere libere, indipendenti e autonome secondo la nostra Costituzione. Sono purtroppo ingabbiati in un complesso sistema di regole burocratiche incomprensibili, illogiche, diversificate in troppe varianti e, purtroppo, in perenne continuo cambiamento. Per vivacizzare e rendere avvincente il gioco è stata addirittura istituita un’Agenzia ministeriale di valutazione che s’inventa continuamente nuovi tranelli e rompicapo.

Chiudo con un auspicio: ASN, Gotta Catch ‘Em All!

CONFRONTO POKÉMON RICERCATORI
Gioco Pokémon GO Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN)
Stati evolutivi 3 (base, 1° stadio, 2° stadio) per 1° generaz.

3 + stato pre-evolutivo baby per generazioni successive

3 (RU, PA, PO) per pre-Gelmini

3 + pre-ruolo (assegnista tipo A o B, RTD tipo A o B, PA, PO) per post-Gelmini

Megaevoluzioni SI (dalla 6° generazione) SI (dal 2016 con le Cattedre Natta)
Più esemplari della stessa catena evolutiva SI SI (ma il MIUR raccomanda struttura “piramidale”)
Regressione NO NO
Salti evolutivi NO SI
Prove per il potenziamento Combattimenti in palestra Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN)

Procedure selettive ex art.18 L.240/2010

Procedure valutative ex art.24 L.240/2010

Statistiche fondamentali Punti Lotta (PL)

Punti Salute (PS)

Numero di Pubblicazioni (NP), Numero di Citazioni (NC), H-index, per i settori bibliometrici
Risorse per il potenziamento Polvere di Stella

Caramelle

Pubblicazioni

Citazioni

Risorse per l’evoluzione Caramelle Citazioni
Vincoli risorse per catena evolutiva Polvere di Stella: NO

Caramelle: SI (congruenza con la categoria/specie)

Pubblicazioni: SI (congruenza con il SSD)

Citazioni: NO

Ottenimento risorse Cattura di Pokémon Ricerca, pubblicazioni, presentazioni a congressi
Soglie SI (fisse per ogni catena evolutiva) SI (continuamente variabili)
Evoluzione automatica al raggiungimento delle soglie SI NO (deve essere fatta comunque una

valutazione a livello nazionale e almeno un’altra in sede locale)

Limiti al numero di catture/potenziamenti/evoluzioni NO SI (in base ai punti organico disponibili e alla procedura PROPER)
Specie selvatiche SI SI
Specie incubate SI SI
Risorse accessorie Pokéball, uova, esche, etc. Libri, strumenti e laboratori, etc.
Acquisizione risorse accessorie Presso i Pokéstop Presso le Università o i centri di ricerca
Acquisto risorse fondamentali NO NO
Acquisto risorse accessorie SI

(presso il Negozio Unico Pokémon Shop)

SI

(presso il Mercato Unico della PA: MePA)

Classificazione 7 generazioni, 18 tipi, 546 categorie o specie 14 aree, 88 macrosettori, 188 settori concorsuali, 367 settori scientifico-disciplinari
Banca dati Pokédex Sito docente (loginmiur.cineca.it)
Aggiornamento banca dati Automatico Manuale
Livello squadra/maestro/allenatore Punti Esperienza (PE) Punteggio VQR
Possibilità di allievi preferiti SI Fortemente sconsigliata
Possibilità di scelta degli allievi SI Praticamente nulla
Libertà NO SI (Costituzionale)
Autonomia NO SI (Costituzionale)
Complessità NO SI
Burocrazia NO SI
Stabilità SI NO
Tenure track SI NO

 

 

Riferimenti bibliografici essenziali:

Prof. Nicola Casagli

– Generazione: Prima (Pre-Gelmini)

– Tipo: Terra (Scienze della)

– Categoria/specie: Geologo applicato

– Stadio evolutivo: Professore di prima fascia

– Punti Lotta: in esaurimento

– Punti Salute: sempre meno

– Punti Esperienza: troppi e inutili

Brevi considerazioni a margine della Sent. Cons. Stato, Sez. VI, n. 3626/2016

$
0
0

Non v’è dubbio alcuno che la Sentenza in commento è destinata a produrre effetti devastanti sul sistema universitario, salvo che i giudici di Palazzo Spada in un qualche modo “abbandonino” una interpretazione meramente letterale per giungere a risultati che, sistematicamente, tengano conto della effettiva problematicità della questione. Auspicabile al riguardo sarebbe un intervento del legislatore che, attento alle conseguenze di una lettura meccanicistica della disposizione oggetto di reprimenda, ne circoscriva e chiarisca meglio significato e portata.

Ma, per così dire, andiamo con ordine. La sentenza de qua fa stato, come gli addetti ai lavori sanno, esclusivamente fra le parti; di conseguenza obbliga l’Università soccombente (e solo quella) ad adeguarsi al relativo dispositivo. Ne deriva che quell’Ateneo dovrà necessariamente escludere dalla procedura “riservata agli esterni” quei candidati che abbiano avuto rapporti giuridici, di qualsivoglia specie, con l’Ateneo medesimo, fossero anche – almeno secondo i giudici – poche e striminzite ore di lezione in una Scuola di Specializzazione o, anche, una supplenza d’insegnamento. Il paradigma della sentenza, dunque, è che le chiamate riservate agli esterni devono riguardare soggetti (in possesso della relativa abilitazione scientifica nazionale) che nell’ultimo triennio non abbiano avuto rapporti con l’Ateneo che ha emanato il bando. Il primo incredibile paradosso è quello che potrebbe riguardare un candidato che, in ragione della sua brillante capacità didattica, avendo avuto rapporti, ancorché sporadici (lezioni, seminari, contratti d’insegnamento, ecc.) con tutti gli Atenei italiani, si troverebbe nella incredibile situazione di non poter partecipare ad alcuna procedura riservata, perché la sua situazione giuridica d’interno riguarderebbe, appunto, l’intero sistema universitario nazionale! Sembra a chi scrive che la decisione in commento non escluda questa possibilità, che appare quanto meno paradossale se non assurda. Evidentemente l’interpretazione della norma può e deve essere altra, rispetto a quella, autorevole finché si vuole, dei magistrati di Palazzo Spada e deve ragionevolmente tener conto del contesto (il sistema universitario) in cui trova applicazione la disposizione, cercando di differenziare i rapporti stabili (atti a creare quel favor nei confronti del candidato che sembra preoccupare il giudice amministrativo) da quelli “sporadici e occasionali” come potrebbe essere una supplenza o, ancora, una prestazione didattica presso una Scuola di specializzazione o un Dottorato di ricerca.

Fatta salva qualche rara eccezione, di cui parleremo, la sentenza pare esser caduta nell’oblio e, soprattutto, sembra non aver provocato quel serrato dibattito che pure ci si aspettava in considerazione delle potenziali gravi conseguenze sottese alla sua pedissequa applicazione. Infatti, salvo ripensamenti del legislatore o, si spera, repentini cambi di orientamento, non appare del tutto infondata la tesi di chi sostiene la sussistenza di responsabilità erariale nei confronti di chi ignorasse l’esistenza di tale precedente e, soprattutto, non ne applicasse il dispositivo (in buona sostanza di chi non provvedesse, repentinamente, ad escludere dalle procedure i candidati non qualificabili come “esterni”). Ciò che è puntualmente accaduto presso l’Università degli Studi di Brescia che ha proceduto ad escludere un candidato, ricercatore a tempo indeterminato in servizio presso altro Ateneo, sol perché vincitore di un bando di supplenza (60 ore d’insegnamento a 60 euro/ora lordi) nel medesimo Dipartimento che ha richiesto il bando per un docente di seconda fascia “riservato esterno”. A determinare la volontà del responsabile del procedimento sembra esser stato il richiamo alla eventuale responsabilità erariale del funzionario non “acquiescente” al dispositivo della sentenza.

Suscita serie perplessità l’assunto secondo il quale in presenza di un unico precedente giurisprudenziale l’eventuale mancato adeguamento dell’ammini–strazione diversa da quella soccombente nel relativo contenzioso possa provocare, di per sé, responsabilità erariale. In ogni caso si tratterebbe di un profilo meritevole di ulteriore approfondimento e, in quanto tale, non del tutto compatibile con lo spazio concesso al presente contributo.

Resta, infine, il profilo ben più problematico, per usare un eufemismo, sotteso alle conseguenze giuridico-ordinamentali del pedissequo accoglimento del dispositivo del Consiglio di Stato. Alla luce di quest’ultima interpretazione, assai discutibile per le brevi considerazioni più sopra esposte, non si può non invocare, ove perdurasse l’idea della necessaria sua applicazione erga omnes, il generale potere di annullamento degli atti illegittimi di cui al combinato disposto degli artt. 21-octies e 21-nonies della legge 241 del 1990, che obbliga la pubblica amministrazione a provvedere entro il termine di diciotto mesi alla rimozione dei provvedimenti che si appalesano come viziati di violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza. Nel caso concreto si tratterebbe di verificare tutte le assunzioni di docenti di prima e seconda fascia dell’ultimo anno e mezzo provvedendo all’annullamento di quelle che hanno visto vincitore un candidato in difetto del requisito previsto dalla legge. Pare a chi scrive che tale aberrante conseguenza, evidentemente non sufficientemente meditata dal giudice amministrativo, dimostri ancora una volta che l’interpretazione ragionevole della disposizione legislativa debba essere altra e, soprattutto, debba necessariamente tener conto del contesto organizzativo del sistema universitario. Non osiamo sollevare l’ulteriore conseguenza in termini di responsabilità erariale della mancata applicazione, al caso concreto, delle disposizioni della legge 241 del 1990. La medesima sentenza, peraltro, produce l’ulteriore effetto di imporre a ciascun Ateneo l’obbligo di ricalcolare la quota (venti per cento) di punti organico (anche qui gli addetti ai lavori sanno fin troppo bene di cosa si parla) “riservati esterni” relativamente alle politiche di reclutamento previste dalla legge e, conseguentemente, riservare ulteriori rilevanti risorse future a concorsi esterni.

Una rondine non fa primavera, dunque e una sentenza non è la legge, almeno così ci hanno insegnato i nostri Maestri!

 

 

 

L’Università fra abilitazioni, concorsi e trasparenza: la ricetta è la cultura del “community watch”

$
0
0

Come di consueto, Fabio Matarazzo svolge alcune assai opportune puntualizzazioni in punta di diritto per riportare alla realtà ordinamentale le ricette circolate all’indomani della “abilitopoli” deflagrata a Firenze che ha interessato il SSD del diritto tributario italiano. Lo fa evocando la giurisprudenza amministrativa e costituzionale che pare precludere le realizzabilità di idee fondate sulla partecipazione di esterni all’accademia nelle procedure concorsuali o la verifica ex post del candidato selezionato dalla procedura concorsuale. Il messaggio di fondo è chiaro: “ciò che non possono le regole e i criteri astratti, possono gli uomini. È solo a loro, a mio giudizio, che è lecito ed utile affidarsi. Alla consapevolezza e alla coscienza dei commissari, restituiti alla responsabilità di una decisione che non può essere mistificata con riferimenti a strumentazioni oggettive che ne travisino la faccia; restituiti, con la riconsiderazione del loro ‘status’, alla dignità di una funzione tra le più elevate e proficue per la società; sensibili dunque alla necessità di quell’equilibrio tra le varie esigenze che (…) i maestri di un tempo hanno sempre ricercato e trovato (…) Soltanto nell’osservazione continua da parte dei ‘pari’ dei comportamenti degli appartenenti alla comunità, potrà aversi quel controllo effettivo, e di indiscutibile autorevolezza, in grado di scoraggiare, pena una generalizzata disistima e discriminazione, comportamenti miserevoli e miserabili”.

Lo “Tsunami” suscitato a Firenze sta devastando l’immagine dell’università nei media e nell’opinione pubblica, e rischia di offuscare, nel polverone che alza, la percezione dei problemi reali posti in luce dall’ennesima deprecabile vicenda di pastette accademiche.

La comprensibile emotività delle reazioni suscita spesso proposte di rimedi affrettati e confusi, molte volte sperimentati vanamente da tempo. Si generalizzano, in maniera improvvida, situazioni e comportamenti che la correttezza deontologica e l’orgoglio del ruolo e della funzione che si esercita, ben prima del giudice penale, dovrebbero ritenere deprecabili e inammissibili.

Il rischio che si corre è infatti quello di accomunare anche l’università nel discredito, sempre più diffuso e pervasivo, che sta caratterizzando il giudizio su gran parte delle istituzioni del nostro Paese. Sarebbe ingiusta e grave la perdita di una fiducia, di cui l’università ha sempre goduto nella sua storia millenaria. Costituirebbe un rischio pericoloso per la nostra società e il suo futuro. E non sarebbe meritato un giudizio deprimente e di disprezzo di un sistema accademico che, nonostante una marcata penuria di risorse e investimenti, non sfigura certo nel panorama internazionale per la sua produzione scientifica e l’apprezzamento per i suoi laureati e ricercatori, ambiti all’estero quando sono costretti a rivolgervisi per le chiusure, vuoi finanziarie vuoi corporative, che incontrano nel nostro Paese.

D’altronde l’università, più in generale tutto il sistema della formazione e della ricerca scientifica, è davvero l’ultima spiaggia alla quale dobbiamo riferirci per invertire la tendenza al progressivo degrado che sembra coinvolgere, con il nostro Paese, gran parte delle società occidentali.

La comprensibile indignazione, dunque, non può e non deve sottrarci ad una riflessione sulle cause di fenomeni che si ripetono spesso nonostante la sequela dei rimedi adottati.

Dovremmo interrogarci, in particolare, sui motivi che inducono una filiera autorevole di specchiati professionisti, personalità all’apice delle qualificazioni accademiche e scientifiche, con meritati riconoscimenti nazionali e internazionali, a volte cessati per età da un ruolo attivo nell’accademia, ad agire nei modi che intercettazioni e registrazioni ci hanno fatto conoscere con dettagli sorprendenti e ripugnanti.

Dovremmo chiederci se il comportamento di tanti esponenti qualificati, ai vertici di un settore accademico così importante nell’ambito degli studi giuridici, sia stato determinato da una prava e proterva intenzione di danneggiare alcuni a vantaggio di altri, un miserevole episodio di nepotismo, o sia l’abnorme epilogo di un costume accademico tradizionale che negli anni è stato accettato e condiviso, da allievi e maestri, ma che non è più tollerabile in questa fase storica.

La ragione dell’attuale rifiuto la spiega bene Biagio de Giovanni nel suo commento alla vicenda sul ‘Mattino’ del 28 settembre:

“Che i concorsi universitari abbiano una loro programmazione è cosa vecchia come l’università e nasce anch’essa da un’esigenza che può essere formulata così: l’università serve […….] pure a far nascere scuole ed è stato sempre del tutto fisiologico che un docente volesse al proprio fianco l’ allievo che aveva studiato con lui, che si era formato con i suoi metodi, che aveva seguito i suoi consigli, che magari era in grado di far andare avanti quella ricerca e così via. Nulla di più fisiologico nella storia dell’università che senza questa logica non esisterebbe. I concorsi universitari sono stati sempre programmati dai grandi maestri del tempo che fu. [……] In realtà quei maestri erano ben attenti al merito, ma anche alle provenienze delle candidature delle varie scuole che partecipavano alla gara. L’equilibrio complessivo allora era raggiunto a vantaggio della ricerca italiana, ma seguendo quella logica che è molto specifica dell’università da quando essa è nata”. 

Certo, riconosce de Giovanni, si parla di un’altra epoca e di ben altri “maestri”! Sono parole da sottoscrivere e che ci riportano al nocciolo del problema: soltanto la qualità delle persone con la loro onesta capacità di discernimento, e di giudizio equo ed equilibrato, possono offrire risposta adeguata e soddisfacente ad un problema che va esaminato in tutta la sua complessità e delicatezza perché riguarda, come si è cercato di mettere in luce, le modalità con le quali ricerca e scienza si evolvono e progrediscono. Altre soluzioni si sono sempre dimostrate inefficaci.

La reazione più immediata e generalizzata propende per la modifica della composizione delle commissioni; per la ricerca di sempre maggiore oggettività nella valutazione; per la valutazione successiva della qualità delle selezioni operate, con previsione di premi o penalità all’esito della produttività scientifica dei nuovi assunti.

La proposta più dirompente per l’assetto universitario consolidato è senza dubbio quella avanzata dal presidente Cantone in un’intervista a Repubblica del 27 settembre.

“Vorrei lanciare un’idea”, dice, tra l’altro, il presidente dell’anti corruzione, “In ogni commissione, per un’abilitazione, per un concorso, dovrebbe entrare una personalità esterna al mondo accademico. Perché non immaginare uno scrittore a giudicare, insieme agli altri, una prova di Letteratura italiana? Un medico, un ingegnere e un avvocato nelle loro discipline? Nessuno vuole sminuire il mondo accademico, ma la contaminazione è un valore. Non conosco una categoria più gelosa delle proprie libertà dei magistrati, eppure nelle commissioni di concorso in magistratura ci sono proprio i docenti universitari”.

Sembrerebbe un sasso lanciato nello stagno e una provocazione positiva. In realtà l’idea non è nuova, come potrebbe sembrare a prima vista, avendo costituito oggetto di dialettica giuridica e giurisprudenziale, ai massimi livelli, già nei primi anni settanta del secolo scorso.

Qualche dubbio sull’eccessiva autoreferenzialità del corpo accademico si era manifestato, infatti, anche a quell’epoca, se è vero che nel 1972 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [1] aveva dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa sui concorsi alle cattedre universitarie.

Il Consiglio di Stato censurava che le commissioni fossero composte esclusivamente da professori universitari. In questo modo, a giudizio di quel Consesso, si poneva in essere un sistema strutturato in forma di autogoverno in contrasto con i principi costituzionali dell’imparzialità della pubblica amministrazione e dell’uguaglianza. Anche le norme che, all’epoca, non richiedevano la necessità di prefissare criteri di massima per la valutazione comparativa dei candidati, sollevava motivate perplessità nei giudici amministrativi.

A quei rilievi replicò prontamente la Corte Costituzionale [2] giudicandoli privi di fondamento. Le commissioni giudicatrici, secondo la Corte, erano razionalmente composte esclusivamente dai professori delle materie per le quali era bandito il concorso. Si trattava, infatti, di considerare la personalità scientifica dei candidati. Potere, questo, che non poteva essere conferito a persone non competenti nelle materie dei concorrenti. Un sistema del genere, infatti, non avrebbe garantito, a giudizio della Corte, quel buon andamento dell’Amministrazione, di cui il Consiglio di Stato era giustamente preoccupato. Non sarebbe stato in grado di assicurare scelte informate alla conoscenza della materia a concorso e del suo progresso.

Neppure il procedimento concorsuale fu ritenuto viziato. Era razionale, infatti, secondo la Consulta del tempo, ritenere che la personalità e l’opera scientifica di un candidato fosse sottratta ad ogni qualificazione paradigmatica e che la comparazione nei concorsi a cattedre dovesse avvenire soltanto raffrontando il merito dell’attività svolta dai candidati, attraverso una valutazione che non avrebbe potuto attingere a regole fisse, data la varietà delle qualità personali dei singoli candidati. Il buon andamento dell’amministrazione universitaria, proseguiva la Corte, esige che l’opera scientifica del candidato sia valutata per quella che essa è; non è prevedibile a priori quale essa possa essere, così da predisporre criteri ai quali raffrontarla.

Se questa era l’immagine dell’università dell’epoca, bisogna convenire che di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e che ci appare assai lontana la raffigurazione che dell’università si aveva a livello istituzionale. Chissà se oggi la Consulta confermerebbe questo giudizio. E però le considerazioni di allora su uno degli aspetti più delicati e controversi dell’assetto universitario, non erano del tutto prive di logica e buon senso.

Si torna, dunque al problema di fondo. Né automatismi intesi a ridimensionare sempre più, se non addirittura escludere del tutto la responsabilità del giudizio dei commissari, né l’analisi, in un tempo successivo alla nomina, dell’operato del neo assunto per vagliarne l’operosità e i risultati e giudicare così la bontà o meno della scelta effettuata, si sono rivelate soluzioni vincenti.

Le misure e i criteri, per quanto dettagliati al limite del totale automatismo nella selezione, non potranno mai annullare del tutto la discrezionalità dei commissari né potranno costituire valida barriera a preordinare alla stregua di quei criteri i titoli dei candidati da privilegiare. La conseguenza sarebbe un conformismo accademico nemico dell’innovazione nella ricerca, della sperimentazione di percorsi inusitati ed eccentrici, essenziali per il progresso della scienza.

Anche il vaglio susseguente alla nomina presta il fianco alla critica di inadeguatezza a dispetto delle tante voci che lo accreditano quale soluzione vincente. Nella comparazione degli interessi tra un immediato e gratificante risultato utile e positivo, quale può essere la vittoria del concorrente preferito, e un’eventuale, incerta penalizzazione, marginale per entità e rinviata nel tempo, e comunque riferita a una struttura e non all’autore della scelta, è facile prevedere quale possa essere la decisione prediletta.

Ma ciò che non possono le regole e i criteri astratti, possono gli uomini. È solo a loro, a mio giudizio, che è lecito ed utile affidarsi. Alla consapevolezza e alla coscienza dei commissari, restituiti alla responsabilità di una decisione che non può essere mistificata con riferimenti a strumentazioni oggettive che ne travisino la faccia; restituiti, con la riconsiderazione del loro ‘status’, alla dignità di una funzione tra le più elevate e proficue per la società; sensibili dunque alla necessità di quell’equilibrio tra le varie esigenze che, come ci ricorda de Giovanni, i maestri di un tempo hanno sempre ricercato e trovato.

Insomma è su queste sensibilità, sulla fiera riconsiderazione della propria missione, non circoscritta soltanto agli aspetti strettamente professionali, che è necessario far leva per evitare che si ripetano episodi di malcostume che, proprio per l’istituzione dalla quale provengono, suscitano, più di tanti simili, scalpore e delusione. E se i singoli non si mostrano reattivi e convinti, è il controllo sociale della comunità scientifica di riferimento che deve assumere su di sé questo impegno e questa responsabilità.

Soltanto nell’osservazione continua da parte dei “pari” dei comportamenti degli appartenenti alla comunità, potrà aversi quel controllo effettivo, e di indiscutibile autorevolezza, in grado di scoraggiare, pena una generalizzata disistima e discriminazione, comportamenti miserevoli e miserabili.

[1] C.d.S. Ad. Plen. 22 febbraio 1972, n.2, in “Foro Amm.vo”, 1972 1, 2, 51.

[2] Corte Cost. sent. 6 luglio 1972, n. 143.

Della vera natura del “capitolo di libro”. Ovvero: spacchettare si può!

$
0
0

Segnaliamo ai lettori la seguente ordinanza del TAR Lazio (Roma), con la quale si aggiunge un nuovo tassello alla farsesca vicenda dell’Abilitazione Scientifica Nazionale.

Come è noto, le tre mediane per i settori “non bibliometrici” sono calcolate su 1) numero di monografie 2) numero di articoli su rivista di fascia A 3) numero di articoli su rivista scientifica e “capitoli di libro”.

Gli arzigogoli numerologici pensati da chi ha (malamente) scritto in vari momenti le regole, hanno già portato a interrogarsi sull’esatto concetto di “monografia” e di “articolo”; per tacere della discussione sulla scientificità o meno di una rivista, della classificazione di “fascia A” spesso attribuita con criteri opachi (o forse in qualche caso perfino casuali), del vero ed assoluto concetto di “articolo”: cosa è esattamente un articolo? E come si applicano le barriere fra aree e settori scientifico-disciplinari? In questa babele classificatoria, segno palese della pestilenziale diffusione di una inedita forma di demenza, che induce ad un enorme spreco di risorse con il solo risultato di peggiorare la qualità della ricerca scientifica a vantaggio della quantità, di deresponsabilizzare le commissioni e di deformare l’azione dei ricercatori, allegramente indirizzati verso un nuovo medioevo bibliometrico (ma oggettivo, vivaddio, oggettivamente somaro, appunto), non poteva mancare il dubbio sulla natura vera del “capitolo di libro”. Dubbio che sono stati chiamati a risolvere, loro malgrado, i giudici della sezione terza del TAR Lazio (Roma). La soluzione adottata dal giudice, è tanto paradossale quanto – per certi versi – lineare. Se posso indicare come capitolo di libro un capitolo, appunto, apparso in un volume collettaneo, per quale ragione non posso fare lo stesso con i singoli capitoli che costituiscono una monografia interamente mia? Le regole vigenti, dice il TAR, non lo escludono e dunque sarà il candidato a scegliere (sulla base della sua convenienza, aggiungiamo noi), con l’unico limite di non poter far figurare lo stesso identico titolo ai fini del superamento di più di un indicatore:

Invero, in base allo stesso D.M. n. 602/2016 non è possibile desumere alcun netto e chiaro ostacolo a che i capitoli di un medesimo libro possano essere considerati sia come distinti contributi o pubblicazioni (rientrando nell’indicatore di cu alla lettere a), ovvero come parti di un medesimo volume (in questo caso rientrando nell’indicatore di cui alla lettera c).

In altri termini, dalla suddetta disciplina è possibile ricavare che la scelta delle modalità con le quali utilizzare i capitoli di un libro (se come distinti capitoli o come libro) è rimessa al candidato con il limite della impossibilità di avvalersi del medesimo testo per due volte, ai fini del calcolo sia del primo, sia del terzo indicatore.

A dire il vero, il giudice giustifica tale sua scelta interpretativa affermando che essa

appare coerente con la ratio del sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, soprattutto dopo la novella del 2016, che mira ad evidenziare e premiare non tanto la quantità della pubblicazioni, ma la loro qualità sotto il profilo della innovatività ed originalità e ciò a maggior ragione nel caso di specie in cui l’istante (come si osserverà infra) ha ottenuto un giudizio assai positivo sulla qualità delle pubblicazioni sottoposte all’esame della commissione. Il sistema dell’abilitazione, infatti, ha lo scopo di individuare la qualificazione scientifica del candidato, fine rispetto al quale gli indicatori costituiscono meri strumenti.

Ancora una volta, a giudizio di chi scrive, il giudice si fa supplente del policy maker, adattando le procedure a una sua visione del sistema di reclutamento, attraverso, in buona sostanza, interpretazioni creative: è un fenomeno già visto molte volte negli scorsi anni, a proposito dell’ASN. Né l’interpretazione del TAR appare così pacifica come il collegio lascia intendere, a maggior ragione quando se ne considerino gli effetti: è infatti evidente che il senso della regola è di costruire un’unica categoria che ricomprenda articoli di rivista e capitoli contenuti in opere collettanee.

In ogni caso, vi è un punto sul quale vorrei ancora una volta richiamare l’attenzione: sono state adottate regole fragili e mal scritte che hanno dato vita a un ecosistema nel quale i ricercatori cercano di agire massimizzando le loro chances e dunque adottando comportamenti che tecnicamente (sia detto senza alcuna censura di carattere morale) possono essere definiti come opportunistici. Costoro cercano di operare, infatti, come soggetti razionali, sempre che non abbiano perso prima la ragione aggirandosi nel labirinto valutativo e pseudobibliometrico. I giudici, dal canto loro, cercano come possono di rimediare a un contenzioso tanto vasto quanto oneroso.

I numeri, di per sé, non valutano un bel nulla e su questo sì, il TAR Lazio ha ragione.

Sono tutte cose che chi scrive le regole, dal legislatore fino ad ANVUR, avrebbe dovuto conoscere e prevedere, se solo fosse stato in grado di comprendere e svolgere un ragionamento elementare.

In ogni caso, in attesa di vedere quali nuovi prodigi ci regalerà il sistema di reclutamento accademico italiano, possiamo già profetizzare quale nuovo “prodotto della ricerca” si affermerà prepotentemente negli stili letterari delle Human and Social Sciences italiane: il “capitoletto”. Preghiamo solo che il Ministero o altri non vogliano por mano alla cosa regalandoci una definizione quantitativa del “capitolo di libro” – che so io, diecimila caratteri. Perché scopriremmo presto una straordinaria tendenza all’uniformità nella struttura interna delle monografie.

Pubblicato il 23/07/2019

N. 09821/2019 REG.PROV.COLL.

N. 06588/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

Vista la domanda depositata in data 27/06/2019 da XXXXX, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Gualandi e Francesca Minotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

per la correzione

della sentenza n. 8307 del 26.6.2019, pronunciata da questa Sezione sul ricorso 6588 del 2018;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Vista la sentenza n. 8307 del 26.6.2019 con cui questa Sezione ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso n. 6588 del 2018, proposto da XXXXX per l’annullamento:

– del diniego di abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima fascia espresso nei riguardi della ricorrente nella procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 12/H1 indetta con D.D. n. 1532/2016, appreso dalla ricorrente a seguito della pubblicazione, sull’apposito sito internet, dei risultati della procedura in data 14.4.2018;

– del giudizio collegiale della Commissione Nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 12/H11 e dei giudizi individuali dei Commissari, pubblicato sul sito web del MIUR, nonché, per quanto occorrer possa, del verbale della medesima Commissione n. 3 del 12.4.2018, con relativa “Relazione riassuntiva della riunione del 12 aprile”;

– dell’elenco pubblicato sul medesimo sito nella parte in cui è evidenziata la non idoneità della ricorrente;

– del provvedimento a firma del Direttore generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istruzioni della formazione superiore del MIUR prot. n. 758/2018, emesso nei riguardi della ricorrente, avente ad oggetto “Provvedimento in autotutela ex art. 21 nonies della L. n. 241/1990 – Rettifica indicatori ed elenco pubblicazioni valutabili ai sensi dell’art. 7 del D.M. 120/2016”;

– del D.M. 7.6.2016 n. 120 “Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2016, n. 95”, e/o del D.M. 29.7.2016, n. 602, “Determinazione dei valori-soglia degli indicatori in cui agli allegati C, D ed E del D.M. 120/2016”, nelle parti in cui dovessero interpretarsi come ostativi alla possibilità di consentire che i capitoli del libro di un medesimo autore possano essere conteggiati all’interno dell’indicatore “a) numero di articoli su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN)”, qualora lo stesso libro non venga utilizzato all’interno dell’altro indicatore “c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN)”;

– di ogni ulteriore atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o dipendente rispetto a quelli impugnati;

Vista l’istanza di correzione di errore materiale;

Visto l’istanza depositata dal difensore di parte ricorrente il 27 giugno 2019, con cui si chiede la correzione di errori materiali riscontrati nella citata sentenza, facendo rilevare come in tale pronuncia si sia erroneamente fatto riferimento ad una sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente dichiarata in udienza, che in realtà non sarebbe mai stata resa;

Visto l’art. 86, co. 2, cod. proc. amm.;

Considerato che, per mero errore materiale, nella sentenza n. 8307 del 26.6.2019 sul ricorso n. 6588 del 2018, si è fatto riferimento ad una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse del tutto estranea al presente giudizio – oggetto di altro contenzioso trattato alla stessa camera di consiglio, attinente alla materia delle abilitazioni scientifiche nazionali, posto in ordine di ruolo immediatamente successivo a quello in esame – piuttosto che alla trattazione nel merito della impugnazione con conseguente accoglimento, come in casi analoghi, alcuni decisi alla medesima camera di consiglio del 19 giugno 2019;

Ritenuto che l’istanza di correzione dell’errore materiale formulata dal difensore di parte ricorrente sia, dunque, fondata, attesa l’erronea completa trasposizione del testo di una sentenza in luogo di un’altra, relativa al provvedimento effettivamente impugnato da parte ricorrente, così come decisa alla camera di consiglio del 19 giugno 2019;

Considerato che alcun dissenso è stato manifestato dalle amministrazioni resistenti all’odierna camera di consiglio.

Ritenuto, pertanto, che tale domanda sia meritevole di accoglimento e, per l’effetto, debba essere disposta la correzione del predetto errore materiale, mandando alla Segreteria l’effettuazione delle annotazioni di cui all’art. 86, comma 3, del cod. proc. amm., con le seguenti modifiche:

1. della motivazione ivi erroneamente trasposta e riportata, con quella di seguito integralmente trascritta:

La ricorrente ha partecipato alla procedura per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale indetta ai sensi degli artt. 3 e 9 del d.P.R n. 95 del 2016 (Regolamento recante modifiche al d.P.R. n. 222 del 2011 concernente l’abilitazione scientifica nazionale), alle funzioni di professore universitario di prima fascia, nel settore concorsuale 12/H1 – Diritto Romano e diritti dell’antichità”.

L’istante,in data 27.3.2018, ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle predette funzioni di professore universitario dalla commissione nominata con D.D. n. 2412/2016.

Tuttavia il MIUR ha contestualmente comunicato all’interessata, in data 26.3.2018, l’avvio di un procedimento di autotutela ex art. 7 L. n. 241/1990 (cfr. allegato n. 14 della ricorrente), in cui le veniva contestato l’impiego della di una pubblicazione sia come “contributo in volume”, suddividendone i capitoli presentati poi come contributi (ai fini del raggiungimento del valore soglia per l’indicatore n. 1), sia come monografia (vale a dire come “libro” per l’indicatore n. 3).

Il MIUR non ha accolto le osservazioni presentate dalla XXXXX e con provvedimento del 29.3.2018 ha comunicato alla stessa docente e alla Commissione di aver ricalcolato e rettificato gli indicatori di impatto della produzione scientifica, escludendo dagli “articoli e contributi” i cinque capitoli della monografia in questione.

Tale provvedimento del 29.3.2018 e gli altri atti indicati in epigrafe sono stati impugnati dall’interessata che ha dedotto:

1) violazione del DM Istruzione, Università e della Ricerca n. 120/2016, del D.M. Istruzione, Università e ricerca n. 602/2016, “Determinazione dei valori-soglia degli indicatori in cui agli allegati C, D ed E del D.M. 120/2016”; violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento; violazione e falsa applicazione della l. n. 240/2010; violazione dei principi di uguaglianza e imparzialità; eccesso di potere per sviamento; contraddittorietà. Falso presupposto di fatto e di diritto; disparità di trattamento; arbitrarietà e illogicità manifeste;

2) violazione dell’art. 3, l. n. 241/1990, per difetto di motivazione; violazione dei principi in materia di autotutela e dell’art. 21-nonies, l. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria. Con specifico riferimento al provvedimento del MIUR impugnato: incompetenza e violazione dell’art. 2, c. 6, d.m. n. 1532/2016;

3) illegittimità in via derivata per: illegittimità dei dd.mm. n. 120/2016 e n. 602/2016 – nelle parti in cui non consentono che i capitoli del libro di un medesimo autore possano essere conteggiati all’interno dell’indicatore “a) numero di artico-li su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN)”, qualora lo stesso libro non venga utilizzato all’interno dell’altro indicatore “c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di isbn (o ismn)”.

– per: violazione degli artt. 3 e 97 cost.-. Violazione dei principi di imparzialità, ragionevolezza, proporzionalità e tutela del legittimo affidamento. Violazione e falsa applicazione della l. n. 240/2010 “norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, art. 16. Eccesso di potere per sviamento. Contraddittorietà. Falso presupposto di fatto e di diritto. Disparità di trattamento. Arbitrarietà e illogicità.

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.

La ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 71 bis del d.lgs. 104/2010 (secondo il quale “A seguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata”), la definizione del ricorso mediante sentenza in forma semplificata.

Al termine della camera di consiglio il collegio, ravvisati i presupposti per poter definire la controversia con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a. (come anticipato alle parti in camera di consiglio), ha trattenuto il ricorso per la decisione.

Ai fini della decisione è necessario un esame preliminare della disciplina che regola l’Abilitazione scientifica nazionale, facendo particolare riferimento agli indicatori con i quali si accerta l’impatto della produzione scientifica del candidato, condizione necessaria, ma non sufficiente al fine di conseguire l’abilitazione stessa ai sensi del D.M. n. 120/2016.

Per misurare tale impatto (che corrisponde al titolo n. 1 dell’Allegato A del Regolamento in questione), il D.M. n. 120/2016 all’Allegato D prevede i seguenti tre indicatori:

a) il numero di articoli su riviste scientifiche dotate di ISSN e di contributi in volumi dotati di ISBN (o ISMN) pubblicati nei dieci anni precedenti;

b) il numero di articoli su riviste appartenenti alla classe A pubblicati nei quindici anni precedenti;

c) il numero di libri (escluse le curatele) a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN) e pubblicati nei quindici anni precedenti.

Il medesimo allegato D) al n. 3 stabilisce che per ottenere la valutazione positiva dell’impatto della produzione scientifica il candidato debba raggiungere i valori soglia di almeno due indicatori.

Per quel che rileva nel ricorso in esame l’art. 4, comma 2, del D.M. n. 602/2016 definisce i tre indicatori, prevedendo, per quanto riguarda gli indicatori a) e c), di cui si discute:

– Indicatore a) “numero articoli e contributi”: “Per contributo in volume deve intendersi: capitolo o saggio in libro, prefazione, postfazione, voce in dizionario o enciclopedia, contributo in atti di convegno”;

– Indicatore c) “numero libri”: “libri a uno o più autori dotati di ISBN (o ISMN) quali monografia o trattato scientifico, concordanza, edizione critica di testi/di scavo, pubblicazione di fonti inedite, commento scientifico, traduzione di libro. Sono escluse le curatele”.

Ciò premesso poiché è lo stesso D.M. n. 602/2010 a stabilire quanto all’indicatore a) che “Per contributo in volume deve intendersi: capitolo o saggio in libro, prefazione, postfazione, voce in dizionario o enciclopedia, contributo in atti di convegno”, ogni capitolo può essere considerato come un contributo utilizzabile ai fini del raggiungimento del valore soglia per il medesimo indicatore a).

Invero, in base allo stesso D.M. n. 602/2016 non è possibile desumere alcun netto e chiaro ostacolo a che i capitoli di un medesimo libro possano essere considerati sia come distinti contributi o pubblicazioni (rientrando nell’indicatore di cu alla lettere a), ovvero come parti di un medesimo volume (in questo caso rientrando nell’indicatore di cui alla lettera c).

In altri termini, dalla suddetta disciplina è possibile ricavare che la scelta delle modalità con le quali utilizzare i capitoli di un libro (se come distinti capitoli o come libro) è rimessa al candidato con il limite della impossibilità di avvalersi del medesimo testo per due volte, ai fini del calcolo sia del primo, sia del terzo indicatore.

Tale interpretazione appare coerente con la ratio del sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, soprattutto dopo la novella del 2016, che mira ad evidenziare e premiare non tanto la quantità della pubblicazioni, ma la loro qualità sotto il profilo della innovatività ed originalità e ciò a maggior ragione nel caso di specie in cui l’istante (come si osserverà infra) ha ottenuto un giudizio assai positivo sulla qualità delle pubblicazioni sottoposte all’esame della commissione.

Il sistema dell’abilitazione, infatti, ha lo scopo di individuare la qualificazione scientifica del candidato, fine rispetto al quale gli indicatori costituiscono meri strumenti.

Anche sotto il profilo logico, come evidenziato dalla ricorrente, una volta che il candidato ha raggiunto la soglia minima di libri prescritta per integrare il terzo indicatore (nel caso di specie addirittura quadrupla rispetto alla soglia minima di un libro), può ritenersi ragionevole che lo stesso possa scegliere di avvalersi di eventuali altri volumi come “somma di contributi”, posto che il D.M. n. 602/2016 – come anticipato – considera ogni capitolo come un contributo in volume.

In senso contrario non vale quanto eccepito dall’Amministrazione secondo cui non è possibile scindere un testo in più parti, utilizzando lo stesso volume per integrare due distinti indicatori.

La tesi seguito dal MIUR finisce, infatti, per ledere i candidati come la ricorrente, che ha dimostrato una indubbia produzione scientifica, avendo pubblicato quattro libri e sette contributi fra articoli in riviste, voci enciclopediche e contributi in volumi di autori vari, riportando per l’indicatore n. 3 un valore pari quattro volte rispetto al valore-soglia (quattro volumi, rispetto al valore soglia minimo di uno), purché ovviamente ciascun testo venga utilizzato una sola volta ovvero nell’ambito di uno dei tre indicatori.

Peraltro l’interpretazione seguita dal MIUR vanificherebbe l’apprezzamento della Commissione incaricata di valutare l’idoneità per l’abilitazione scientifica, che, nell’ambito dei criteri adottati in sede di autovincolo e indicati nel verbale n. 1 del 10.11.2016, aveva riconosciuto l’importanza primaria delle “monografie” all’interno degli studi giusromanistici, stabilendo che “La Commissione delibera altresì che si atterrà ai seguenti criteri nel valutare le varie pubblicazioni: a) sarà data importanza primaria alle monografie, considerate nel loro numero, nella loro ampiezza e qualità, tenuto conto dell’importanza di questo genere letterario nella tradizione degli studi in questione”.

Tutto ciò non senza considerare – si ripete – il giudizio estremamente positivo originariamente espresso dalla commissione in data 27 marzo 2018 riportando 4 giudizi favorevoli su 5, in cui si afferma che “Le pubblicazioni risultano coerenti con le tematiche del settore concorsuale e sono valutate complessivamente di buona qualità, attesa la correttezza del metodo, l’ampio studio sotteso alla ricerca, la chiarezza argomentativa, la produzione scientifica della candidata appare continua sotto il profilo temporale e prevalentemente caratterizzata da una collocazione editoriale di rilievo.

Alla luce delle valutazioni di cui sopra, e dopo ampio e approfondito dibattito sul profilo scientifico della candidata, la Commissione, a maggioranza di 4/1, ritiene che la stessa presenti titoli e pubblicazioni tali da dimostrare una posizione riconosciuta nel panorama scientifico, come emerge dai risultati della ricerca in termini di qualità e originalità per il settore concorsuale rispetto alle tematiche affrontate”.

In ragione di quanto sopra, il Collegio ritiene che il ricorso, previo assorbimento delle ulteriori censure non esaminate, sia fondato e vada accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato giudizio di inidoneità.

Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 104 del 2010, il Collegio ritiene, altresì, che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessata debba essere riesaminata da parte della medesima Commissione che, in data 12.4.2018, ha espresso il nuovo giudizio sulla candidata “sulla base del nuovo calcolo degli indicatori effettuato dal Ministero”, limitandosi a “prendere atto” del mancato soddisfacimento del titolo/requisito relativo all’impatto della produzione scientifica, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, ovvero dalla sua notificazione se antecedente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo”.

2. del dispositivo, in cui dopo le parole “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando, sul ricorso, come in epigrafe proposto”, l’esito ivi erroneamente trasposto e riportato deve essere modificato, sostituendo le parole “lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Spese compensate”, con “lo accoglie nei sensi e con le modalità di cui in motivazione e, per l’effetto:

– annulla i provvedimenti che hanno giudicato inidonea la ricorrente;

– ordina all’amministrazione di rivalutare l’interessata nei termini di cui in motivazione entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

– condanna il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00) oltre I.V.A. e C.P.A. e contributo unificato”.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) accoglie l’istanza di correzione materiale avanzata dal legale di parte ricorrente il 27 giugno 2019 e, per l’effetto, ordina alla Segreteria l’effettuazione delle annotazioni di cui all’art. 86, co. 3, cod. proc. amm., nel senso di cui in motivazione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Gabriella De Michele, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

Claudio Vallorani, Primo Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Blanda Gabriella De Michele

IL SEGRETARIO

Viewing all 52 articles
Browse latest View live